Caccia ai fondi per la proroga dello smart working riservato ai lavoratori fragili e ai genitori di figli fino a 14 anni di età. L’estensione della misura, data per certa fino a pochi giorni fa, non era nel testo del decreto Aiuti approvato giovedì scorso dal governo. E salvo sorprese dell’ultimo minuto, non dovrebbe entrare nemmeno nella versione definitiva attesa in Gazzetta ufficiale nelle prossime ore. Il ministro Orlando, fautore della norma, ha spiegato che sul punto «non si è trovato il necessario consenso» e ha di fatto rinviato la partita alla conversione in legge del decreto, prevista per l’inizio di settembre, a ridosso della giornata elettorale.
Bonus 200 euro, ecco come è cambiato con il Decreto Aiuti bis: a chi spetta ora e come ottenerlo
INCERTEZZA
Di fatto si apre un periodo di incertezza per gli interessati, che fino a pochi giorni fa avevano diritto a questa modalità lavorativa e ora restano in sospeso nonostante il forte pressing parlamentare per un nuovo intervento. E intanto si avvicina un’altra scadenza, quella del 31 agosto, con la quale termina l’attuale modalità semplificata per l’assegnazione dello smart working ai dipendenti: dal primo settembre la modalità di lavoro agile potrà essere definita solo in base a un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore.
Il nodo per i fragili, come accennato, è quello delle risorse finanziarie.
SEMPLIFICAZIONI
Se la norma che assicura il diritto allo smart working è scaduta, resta naturalmente la possibilità per il datore di lavoro di concederlo ugualmente alla generalità dei lavoratori, situazione che normalmente non comporta costi particolari. Dal primo settembre però termina di fatto quella procedura semplificata che era stata introdotta originariamente nel marzo del 2020 in concomitanza con lo stato di emergenza ed era stata poi a più riprese prorogata, anche dopo il termine dello stato di emergenza lo scorso 31 marzo. Questo vuol dire che si rientra nella “normalità” in cui la prestazione in lavoro agile deve essere concordata con gli interessati, ferma restando la possibilità di accordi aziendali.
In realtà non si tratterà proprio di un ritorno al passato. Infatti con il recente decreto semplificazioni sono entrate in vigore nuove modalità che permettono all’azienda di comunicare in modo più rapido le intese raggiunte con i dipendenti, che quindi non dovranno essere inviate una per una. Quella che certamente viene meno è la modalità emergenziale in cui era possibile far restare i lavoratori a casa indipendentemente da una loro scelta in tal senso.
Va ricordato che queste regole valgono per il mondo del lavoro privato, mentre per i dipendenti pubblici il ricorso allo smart working - che sta facendo il suo ingresso nei contratti - è rimesso per ora alla discrezione di dirigenti, con un margine di flessibilità che salvaguardi il principio ribadito più volte dal ministro Brunetta per cui la modalità normale di lavoro è quella in presenza.
IL PROTOCOLLO
Proprio per il lavoro privato lo scorso dicembre governo e parti sociali avevano definito un protocollo che fissava un nuovo quadro per la contrattazione. Tra i punti fondamentali appunto l’adesione volontaria degli interessati, da formalizzare tramite un accordo scritto. Nell’intesa devono essere definiti la durata, l’alternanza della presenze tra sede di lavoro e luoghi esterni, gli strumenti di lavoro, i tempi di riposo e l’attività formativa. È previsto specificamente il diritto ad una fascia oraria di disconnessione durante la quale non viene erogata la prestazione lavorativa. La strumentazione tecnologica necessaria deve essere normalmente fornita dal datore di lavoro, salvo intesa diversa tra le parti: in ogni caso è necessario che siano stabiliti criteri e requisiti minimi di sicurezza. Il luogo di lavoro non deve essere necessariamente il domicilio del dipendente.