Pensioni, a che età si andrà nel futuro? E come sarà l'assegno? Il tema della crescita zero: tutte le risposte e le previsioni

Cosa deve cambiare affinché si possano ancora pagari gli assegni

Sabato 30 Marzo 2024 di Michele Di Branco
Pensioni, a che età si andrà nel futuro? E come sarà l'assegno? Il tema della crescita zero: tutte le risposte e le previsioni

Dicono i ginecologi che, di questo passo, nel 2225 nascerà l'ultimo italiano. Ma nella speranza che i nostri pronipoti, fra 200 anni, possano smentire questa catastrofica previsione, nell'immediato il crollo delle nascite (appena 379mila nel 2023 con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille in calo dello 0,3) e il contestuale invecchiamento della popolazione rischiano di inceppare il sistema previdenziale, di far chiudere le scuole e di distruggere il sistema sanitario. A meno che non si prendano, da subito, adeguate contromisure. A cominciare dalle pensioni. «Con questo tasso di natalità - ha avvertito la scorsa estate il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti - nessun sistema previdenziale può reggere». I numeri, al momento, non sono da allarme rosso. I pensionati sono tornati a crescere lievemente nel 2023 (tanto che dati Inps indicano una spesa di 248 miliardi di euro in crescita di ben 17 rispetto all'anno precedente) a quota 16,13 milioni ma gli occupati aumentano più rapidamente sfiorando i 23,3 milioni (oltre 400mila in più in un anno) facendo salire il rapporto tra le due grandezze a 1,44. Tuttavia le proiezioni dicono che nel 2050 questo rapporto sarà di un 1 contro 1.
Un dato insostenibile per poter garantire il pagamento delle pensioni, soprattutto perché i giovani che entrano oggi nel mercato del lavoro hanno carriere discontinue e salari bassi.

 

Le previsioni

L'Italia è il paese d'Europa più vecchio: il 21,4% della popolazione ha più di 65 anni, rispetto a una media Ue del 18,5. In quest'ottica, per il 2050, l'Istat prevede che gli anziani in Italia saranno 21.775.809, il 34,3% della popolazione. È da qui che bisogna partire per capire che cosa accadrà in futuro sul versante del welfare. «Ad oggi - si legge nel rapporto dell'Osservatorio Itinerari previdenziali, diretto da Alberto Brambilla - il sistema è sostenibile e lo sarà anche tra 10-15 anni, nel 2035/40, quando la maggior parte dei baby boomer nati dal Dopoguerra al 1980 - in termini previdenziali assai significative data la loro numerosità - si saranno pensionate. Perché si mantenga questo sottile equilibrio - prosegue il think tank - sarà però indispensabile intervenire in maniera stabile e duratura, tenendo conto di alcuni principi fondamentali: le età di pensionamento, attualmente tra le più basse d'Europa (circa 63 anni l'età effettiva di uscita dal lavoro in Italia nonostante un'aspettativa di vita tra le più elevate a livello mondiale), e che dovranno dunque gradualmente aumentare evitando il ricorso ai pensionamenti anticipati; l'invecchiamento attivo dei lavoratori, attraverso misure volte a favorire un'adeguata permanenza sul lavoro delle fasce più senior della popolazione; le politiche attive del lavoro, da realizzare di pari passo con un'intensificazione della formazione professionale, anche on the job; la prevenzione, intesa in senso più ampio come capacità di progettare una vecchiaia in buona salute». 

Culle e banchi vuoti

Se dai pensionati passiamo ai giovani la situazione appare molto più complessa: culle vuote, da anni, sono già diventate banchi sguarniti ed edifici scolastici chiusi.

Per ora soprattutto nelle scuole dell'infanzia e della primaria. Ma l'ombra lunga della denatalità si sta già allungando anche alle medie, e a breve interesserà pure le superiori.

Le statistiche evidenziando come tra 10 anni dai 7,4 milioni di studenti del 2021 si scenderà a poco più di sei milioni, al ritmo di 110-120 mila ragazzi in meno ogni anno. E tutto questo sta avendo effetto sugli istituti scolastici. Una ricerca della rivista specializzata "Tuttoscuola" fa i primi calcoli (e sono drammatici). Negli ultimi dieci anni, è scritto nello studio, elaborato su dati ufficiali pubblicati sul sito del ministero dell'Istruzione e del merito, in Italia sono state sbarrate le porte di oltre 2.600 scuole, solo nel segmento delle scuole dell'infanzia e primaria (che, come noto, interessano gli alunni tra i 3 e gli 11 anni di età). E nei prossimi cinque anni si può stimare che ne chiuderanno almeno altre 1.200, tra statali e paritarie.

L'emorragia di iscritti non si è fermata mai negli ultimi dieci anni e ha colpito soprattutto al Sud: delle 2.600 scuole chiuse tra l'anno scolastico 2014-15 e il corrente due su tre (oltre 1.700) si trovavano nel Meridione. Il 15% delle scuole chiuse erano nel Nord-Ovest (-382), il 10% nel Nord-Est (-245) e il restante 11% al Centro (-289 scuole). 

L'assistenza

Orizzonte grigio anche nella sanità. Attualmente gli over 65 rappresentano il 24% della popolazione ma nel 2050 saranno quasi il 35%, con gli ultraottantenni che passeranno dal 7,6% della popolazione a oltre il 14% e gli ultracentenari che quasi quadruplicheranno.
Tutto questo ha e avrà delle ricadute sempre più importanti sulla sanità pubblica: in generale ci si rivolge sempre più spesso al sistema sanitario nazionale tanto più si invecchia, e in particolare con l'età cresce la possibilità di sviluppare malattie croniche come diabete, ipertensione e dislipidemie, che è importante sia diagnosticare in tempo che gestire e monitorare su base regolare.
Da questo punto di vista i medici di medicina generale hanno un ruolo importantissimo nella sanità pubblica ma nei prossimi anni sono attese 10 mila uscite contro 3 mila assunzioni. Inoltre la cosiddetta "media paziente", ovvero il numero di pazienti per medico di medicina generale, è stata concepita quando l'età media era molto più bassa di quella attuale, e quindi ogni cittadino aveva bisogno di rivolgersi al suo medico meno spesso di quanto non succede oggi.

Ultimo aggiornamento: 10:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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