Manovra, torna l'ipotesi digital tax sui colossi del web dal 2017

Giovedì 18 Agosto 2016 di Andrea Bassi
Manovra, torna l'ipotesi digital tax sui colossi del web dal 2017
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L'impegno politico Matteo Renzi lo aveva preso un anno fa. Se l'Europa non si fosse mossa per tempo, aveva annunciato, l'Italia avrebbe avuto una sua «digital tax», una tassa in grado di intercettare l'enorme giro d'affari dei colossi del web nel Paese. Il prelievo su Google & Co., aveva aggiunto il premier, «entrerà in vigore il primo gennaio del 2017». «Negli ultimi dodici mesi», spiega Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, «non è successo nulla, siamo esattamente nella stessa situazione del 2013. Abbiamo perso solo tre anni di gettito». Dato l'immobilismo di Bruxelles, il governo sarebbe pronto a questo punto a calare le sue carte. Da tempo diversi tavoli tecnici, tra ministero dell'Economia, Agenzia delle Entrate e Palazzo Chigi, stanno studiando la questione, anche se il rebus non è semplice da sciogliere.

Sul tavolo ci sarebbero sostanzialmente due proposte: una per tassare i giganti del web attraverso le imposte indirette, ossia assoggettando tutto il fatturato realizzato in Italia ad Iva o magari introducendo una sorta di accisa, e un'altra che invece agirebbe sulle imposte dirette, provando invece a intercettare i profitti generati all'interno del Paese. Questa seconda ipotesi sarebbe quella sulla quale si starebbe concentrando maggiormente l'attenzione dei tecnici. Si tratta, del resto, di una strada già battuta dal governo inglese. Sul tavolo di Palazzo Chigi c'è anche già un progetto di legge presentato ormai oltre un anno fa da due deputati di Scelta Civica, Stefano Quintarelli e Giulio Cesare Sottanelli. 
 
LA PROPOSTALa proposta prevede l'introduzione di una norma di contrasto al fenomeno delle stabili organizzazioni occulte, individuate mediante una presenza continuativa di attività online, per un periodo non inferiore a sei mesi, tale da generare nel medesimo periodo flussi di pagamenti a suo favore, in misura complessivamente non inferiore a cinque milioni di euro. Le società non residenti che superano queste soglie, si vedrebbero applicata una ritenuta alla fonte del 25% sulle transazioni digitali. Il prelievo verrebbe effettuato alla fonte dalle banche che ricevono l'ordine del bonifico per pagare il servizio o il bene acquistato on line. Secondo le stime una misura del genere potrebbe portare a incassi per l'Erario fino a 3 miliardi di euro l'anno. Una cifra non trascurabile. 

In attesa di una eventuale digital tax, a muoversi, fino ad oggi, sono state l'Agenzia delle Entrate e la procura di Milano. Lo scorso anno Apple Italia ha chiuso un accordo con il Fisco versando 318 milioni di euro a fronte di una contestazione di un'evasione di 878 milioni in cinque anni. Un contenzioso analogo è aperto anche con Big G. «L'Italia», spiega ancora Boccia, «non può più perdere gettito, e non è più sostenibile una situazione per la quale vengono mandati controlli ai carrozzieri e poi si gira la testa dall'altra parte di fronte a miliardi che vengono spostati all'estero». 

I NUMERIIntanto ieri, sempre sul fronte della manovra, il ministero del Tesoro ha smentito le indiscrezioni circolate fino ad oggi di un provvedimento che potrebbe arrivare fino a 30 miliardi di euro. «I provvedimenti - ha puntualizzato via XX Settembre - dipenderanno dai nuovi obiettivi di finanza pubblica contenuti nella Nota di Aggiornamento al Def, che sarà presentata entro il 27 settembre, e dalle decisioni politiche che il governo assumerà successivamente».

I due principali dossier sul tavolo restano quello delle pensioni e l'aumento contrattuale per gli statali. L'intervento sulla previdenza sarà molto probabilmente in due step, in modo anche da ridurre l'impatto finanziario dirottando maggiori risorse sul pubblico impiego. 

Ultimo aggiornamento: 20 Agosto, 08:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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