Non si può vivere senza utopie, ma bisogna distinguere quelle "buone"

Mercoledì 17 Settembre 2014
BASSANO - (S.M.) Si può vivere senza utopie, cioè senza la speranza di realizzare dei sogni? Sembra proprio di no. Le utopie sono necessarie per sopravvivere, per proiettarci nel futuro. Ma esistono anche utopie funeste, che portano nel baratro. Quali utopie allora è bene coltivare? Di questo si parlerà domani, nell'auditorium dell'Istituto Graziani, alle 20.30, dietro la guida di Luigi Zoja, psicoanalista junghiano che è stato invitato da Macondo per il tradizionale appuntamento autunnale con testimoni eccellenti delle direzioni che la nostra società e la nostra cultura stanno imboccando.
Proveniente da studi di economia e di sociologia, Zoja si è votato poi alla psicoanalisi andando nel 1968 in Svizzera e formandosi al Carl Gustav Jung Institut. Poi presidente degli analisti junghiani e docente in varie università, ha pubblicato libri come "Il gesto di Ettore", "Paranoia" e "La morte del prossimo", importanti per capire chi siamo e dove andiamo. L'ultima sua fatica è "Utopie minimaliste", un libro piaciuto a don Giuseppe Stoppiglia, il presidente di Macondo, che ha organizzato la serata dal titolo "Non c'è vita senza passioni. Anche se i falchi hanno oscurato i cieli, le colombe hanno continuato a volare".
La convinzione di Luigi Zoja è che l'utopia è un bisogno primario dell'animo umano, ma che ormai nel XXI secolo occorre prendere atto del pericolo e del fallimento delle utopie massimaliste che hanno dominato il secolo scorso. Esse vanno sostituite con altre "minimaliste". Basta grandi ideologie (nazismo e comunismo, ad esempio, forieri di totalitarismi e di violenza) e sviluppo piuttosto di processi di responsabilizzazione delle azioni individuali. Secondo Zoja le utopie minimaliste sono quelle per cui, ad esempio, ci si "organizza in gruppi d'acquisto, si combatte ogni forma di spreco, si difendono l'ambiente, si lotta contro gli squilibri sociali".(((mocellins)))