Spari e inchiesta: «Ma lo rifarei»

Giovedì 5 Marzo 2015
Le sue parole in poche ore lo hanno reso popolare ben oltre i confini della provincia. L'immagine dei bossoli che impugna rimbalzano sui social network e nella rete dell'informazione globale diventando virali. E proprio in rete gli attestati di stima per Sandro Magro sono come un fiume in piena. Ma ad interessarsi della sua vicenda ieri è stata anche la Procura della Repubblica che ha avviato un'indagine per capire come siano realmente andate le cose a Faè di Oderzo. L'obiettivo è ricostruire quei minuti di lunedì sera, nei quali i residenti di via Bidoggia hanno imbracciato i fucili per costringere i banditi ad andarsene. Si tratta di un fascicolo in cui non ci sono indagati. Al momento la Procura di Treviso non ha ipotizzato alcun reato. Ma dal palazzo di giustizia è anche partito il mandato ai carabinieri di accertare come siano andate le cose. Per questa ragione le forze dell'ordine nelle prossime ore potrebbero decidere di sentire l'imprenditore 48enne Sandro Magro che aveva raccontato i concitati istanti di lunedì sera spiegando di aver sparato per far capire ai ladri che «per loro qui non c'è posto».
«Stiamo accertando come siano andate le cose» spiega il capitano dei carabinieri Salvatore Gueli. Nessun altro commento dalla compagnia dei carabinieri di Conegliano. L'obiettivo principale degli inquirenti è quello di capire la tempistica e le intenzioni di chi ha imbracciato il fucile per mettere in fuga i banditi. Valutare se qualcuno ha sparato dei colpi ad altezza uomo e quindi con l'intenzione di ferire o addirittura uccidere qualcuno. La magistratura dovrà anche valutare se chi ha premuto il grilletto potesse o meno detenere in casa un'arma da fuoco.
«Ovviamente il fatto sarà oggetto di attenzione da parte della Procura e vorremmo capire esattamente cosa sia successo. In relazione ai fatti accertati si proverà a vedere se questi fatti hanno o meno rilevanza penale» ha spiegato ieri il capo della Procura di Treviso Michele Dalla Costa. Ma il procuratore ha anche voluto chiarire, per sgomberare il campo dagli equivoci, che «un fucile da caccia può essere usato soltanto per andare a caccia».
Che il perimetro in cui si muovono le forze dell'ordine, che devono accertare la legittimità di quegli spari, sia delimitato dall'insofferenza e della rabbia dei cittadini è chiaro a tutti. E proprio per questa ragione la Prefettura, che è responsabile del rilascio del porto d'armi, spiega che «il Prefetto ha deciso di non esprimersi sulla vicenda». Proprio al capo della prefettura, Maria Augusta Marrosu, e al questore di Treviso, Tommaso Cacciapaglia, dopo che carabinieri e procura hanno finito il loro compito, spetterà l'ultima parola su eventuali revoche o sequestri delle armi utilizzate.
L'imprenditore, che certo non si aspettava un simile clamore mediatico, ha spiegato di essere a disposizione per chiarire come siano andate le cose. «Del resto -ha affermato ieri Sandro Magro- non ho ucciso nessuno. Noi non siamo degli squilibrati e abbiamo agito in questo modo solo per difendere la nostra proprietà».

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