Ai profughi pensano famiglie e preti in quaranta trovano accoglienza

Sabato 3 Ottobre 2015
Sono una quarantina i profughi che nel giro di un paio di mesi entreranno nelle case e nelle canoniche della Marca. Antonio Silvio Calò, il prof di Camalò, ha aperto la strada. E ora altri sono pronti a seguirne l'esempio. Attraverso il programma "Rifugiato a casa mia", la Caritas ha raccolto la disponibilità di dieci famiglie e di una dozzina di collaborazioni parrocchiali a ospitare richiedenti asilo. I numeri sono fissi: uno nelle abitazioni private e due o tre nelle strutture delle parrocchie. Il 14 ottobre inizieranno gli incontri di formazione. E tra novembre e dicembre partirà l'accoglienza vera e propria. Non è una cosa da poco. Basti pensare che oggi la Caritas ospita 162 profughi. Praticamente un quarto verrà trasferito nelle case e nelle canoniche. Non quelli appena arrivati, ma rifugiati e richiedenti protezione che hanno una buona conoscenza della lingua italiana e che hanno già avuto contatti con la formazione professionale. Nel conto non ci sono i dieci arrivati ieri nella canonica di Povegliano. «Fanno parte della prima accoglienza», specifica don Davide Schiavon, direttore della Caritas di Treviso. L'obiettivo del programma "Rifugiato a casa mia" è l'integrazione e lo sviluppo dell'autonomia. Per questo il gruppo diocesano ha previsto che l'accoglienza non superi i sei mesi. Chi apre le porte della propria abitazione lo fa su base volontaria o con un piccolo rimborso spese: 300 euro al mese. Soldi che verranno messi dalla Caritas. «I migranti che entrano nel programma, escono dalla convenzione con la prefettura - fa il punto don Davide - copriremo noi i costi, con il sostegno di un fondo della Conferenza episcopale italiana». Nei giorni scorsi lo stesso direttore ha svelato i bilanci dell'accoglienza nelle strutture della Caritas: tolte le spese dai contributi pro-capite (poco meno di 35 euro), il "guadagno"» del gruppo diocesano è mediamente di tre euro a profugo.

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