Saldi, vendite calate in un negozio su due

Mercoledì 27 Agosto 2014
È decisamente negativo il bilancio dei saldi estivi 2014. La crisi (e non solo) ha scoraggiato i padovani a mettere mano al portafogli, nonostante gli sconti. La grande attesa di negozianti di città e provincia quest'anno ha dovuto scontrarsi con le difficoltà delle famiglie e, se la quasi totalità dei negozianti ha applicato i saldi (94%), quelli che hanno dichiarato di avere avuto un incremento delle vendite sono solamente il 16,1%, mentre ben il 47% ha dichiarato di averle diminuite ed il 36,9% di avere avuto le stesse vendite dei saldi estivi del 2013.
«Si tratta di un dato da allarme rosso: siamo di fronte ad una situazione in cui i negozi di abbigliamento non solo non riescono più a fare utili operativi ma addirittura con vendite a ricarico zero, se non sottocosto, non riescono a recuperare liquidità ed a liberarsi delle giacenze» spiega Nicola Rossi presidente della Confesercenti padovana. «Se non ci sarà una reale modificazione nelle disponibilità delle famiglie, corriamo veramente il rischio che una delle eccellenze italiane, i negozi della moda, chiuda e sia sostituita da esercizi che vendono il Made non in Italy». Si vende meno, secondo l'associazione di categoria, per vari motivi: minori disponibilità delle famiglie ma anche perché sono cambiate le abitudini all'acquisto (crescono l'on-line e le vendite low cost,), mancano vere novità di prodotto (tipi di tessuto, servizi ecc.) in grado di stimolare l'acquisto.
«Dobbiamo prendere atto - dice ancora Rossi- che l'appeal dei saldi è quasi scomparso. Le cause sono molteplici e non dipendono solo dalla crisi: la quasi completa liberalizzazione delle vendite promozionali che ha svilito il valore stesso delle promozioni creando un clima tra i consumatori per cui in ogni momento dell'anno chiedono lo sconto. A questo si aggiunge la circostanza che le iniziative condotte in grande parte dalla grande distribuzione che, con la fidelity card, snobbano le elementari regole da rispettare per i saldi, ovvero il divieto di fare vendite promozionali nei 30 giorni precedenti la data di avvio».
«Se vogliamo ridare un significato ai saldi dobbiamo ripensare alle loro regole e cioè o andiamo ad un calendario che effettivamente tenga conto della stagionalità, e quindi avvio non prima del mese di agosto, oppure andiamo ad una liberalizzazione delle date, ma applichiamo vincoli precisi per ogni singola azienda che possa liberamente dare via ai saldi nella data che vuole ma che nei sessanta giorni precedenti non possa effettuare nessun tipo di promozione, che comunichi ufficialmente le date di inizio e di fine, non più di 3 settimane, la percentuale di sconto applicata e le modalità di controllo affinché il consumatore abbia la garanzia della realtà dello sconto applicato. Rivedendo le regole forse, possiamo salvare i saldi». «I clienti - conclude Rossi - hanno poche risorse, e aumenta il numero degli operatori commerciali in sofferenza, soprattutto tra i negozi dei centri urbani. C'è il rischio concreto di accelerare la già consistente emorragia di negozi della moda con la conseguente perdita del saper fare italiano che da sempre contraddistingue il made in Italy».(((rodighieroa)))

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