Quarantatrè eritrei e tre sudanesi Il totale sale a 164

Venerdì 19 Settembre 2014
Sempre più al limite le strutture di accoglienza per i profughi a Padova e provincia. Dopo l'ingente arrivo di martedì, quando sono state accolte 82 persone, anche ieri le strutture coordinate dalla Prefettura hanno dovuto fare i conti con un contingente numeroso, composto da 45 persone, 42 eritree e tre sudanesi, con 130 nuovi arrivati in meno di una settimana. Nel week end potrebbero arrivare in Veneto altre settanta persone.
Ieri quindi i profughi presenti nelle diverse strutture convenzionate con la Prefettura erano 164, in leggero sovrannumero rispetto ai 161 posti messi a disposizioni dalle quattro realtà (per lo più gruppi di cooperative sociali) che hanno partecipato al bando della scorsa estate.
«Le difficoltà sono evidenti, la capienza è al limite - spiega il vice prefetto Alessandro Sallusto, che si occupa del coordinamento dell'accoglienza - Le cooperative sono riuscite a fare miracoli per accogliere tutti. Questa è stata una settimana particolarmente impegnativa». Non tutti i profughi si fermano a lungo in città e questo elevato turn-over ha permesso finora di non superare i limiti di accoglienza. In molti casi infatti la sosta nelle strutture si limita ad un paio di notti, soprattutto per chi arriva da Siria ed Eritrea. In entrambi i casi infatti i profughi cercano subito di raggiungere le numerose comunità di connazionali presenti in nord Europa, in Germania, ma soprattutto di Svezia.
Per far fronte alla necessità di alloggi è stata ventilata anche l'ipotesi di rivolgersi al mercato privato, cercando posti letto in bed&breakfast, ostelli, ma anche in case private prese in affitto dalla cooperative. Ipotesi che potrebbero funzionare in caso in cui la necessità dovesse essere di poco oltre la disponibilità già individuata, ma che in realtà sembra poco praticabile per via dei tempi lunghi. Gli arrivi infatti sono spesso improvvisi o quasi, annunciati in media con 24 ore di anticipo a chi si deve occupare dell'accoglienza nelle singole province.
Intanto dopo le situazioni di tensione dei giorni scorsi in Questura, dove i profughi in arrivo a Padova vengono portati per le prime operazioni di identificazione, i sindacati di polizia continuano a denunciare il loro disagio. Martedì cinque agenti sono stati anche medicati al pronto soccorso in seguito ad una colluttazione con un profugo che non voleva essere identificato: «Noi siamo costretti a comprarci a spese nostre i dispositivi di protezione individuale - spiega Loris Frison, segretario provinciale del Coisp - A rattoppare le nostre divise usurate, a consegnare le nostre tute da ordine pubblico usate ai colleghi neo assunti. Incredibilmente però scopriamo che capi delle nostre divise come scarpe, calzini e maglioni sono stati consegnati ai profughi. Nei giorni scorsi ho dichiarato che la Questura di Padova è diventata oramai un nuovo Cie (Centro di Identificazione ed Espulsione), da oggi possiamo identificarla anche come una nuova Onlus. Si tratta di un gesto umanitario e lodevole, ma come può accadere che nessuna delle associazioni o istituzioni abbia provveduto ad assistere gli immigrati e magari vestirli? Dobbiamo pensare che il Governo abbia demandato questo compito alla Polizia di Stato? La situazione a Padova è al collasso, faccio appello accorato al Presidente del Consiglio Renzi perchè inserisca nella propria agenda una visita alla Questura. Sarò ben lieto di far vedere in quali condizioni lavorano quotidianamente gli agenti padovani». «Ma si tratta di capi d'abbigliamento dismessi - ha replicato la Questura -. E per quanto riguarda i bisogni fisiologici, sono stati sistemati alcuni bagni chimici».

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