Bici, Verona batte Padova Non c'è concorrenza sleale

Sabato 23 Maggio 2015
Gli ex dipendenti di Padovafiere, un tempo impegnati nella realizzazione di "Expobici" e che oggi stanno preparando con Veronafiere "Cosmobike show", manifestazione gemella nello stesso periodo, non hanno sottratto informazioni riservate né eseguito alcuna concorrenza sleale ai danni dei loro vecchi datori di lavoro. Per questo motivo non ci sono fondamenti per chiedere come voleva Padova che la manifestazione veronese venga sospesa.
Lo ha deciso il tribunale di Venezia, sezione specializzata in Materia d'impresa, liberando da un "peso" l'ex amministratore delegato Paolo Coin, Denise Muraro e Patrizia Piu, impiegate nella segreteria commerciale e Ivana Ruppi responsabile delle relazioni con la stampa. Il primo era stato licenziato il 2 ottobre del 2014, le altre avevano lasciato il 29 ottobre. Tutti poi presi in carico da Verona.
La causa era stata portata avanti da Padovafiere secondo la quale il suo ex direttore generale mentre lavorava nel quartiere fieristico già a maggio 2014 avrebbe tramato con la fiera di Verona per portare via il Salone delle Bici, uno dei gioielli dell'ente padovano, avendo i contatti con gli espositori.
Stiamo parlando di una guerra tra fiere per un salone che porta 500 espositori con 60mila visitatori. Padova lo riproporrà dal 19 al 21 settembre. Verona ne farà uno gemello, una settimana prima dall'11 al 14 curato appunto dall'ex direttore di Padovafiere Paolo Coin e dalle tre persone dello staff licenziatesi volontariamente a fine ottobre.
L'ex direttore ha fatto causa a Padovafiere. Che in seguito, il 5 novembre, ha presentato denuncia nei suoi confronti alla polizia postale per accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione di segreto professionale. Accusandolo insomma, insieme alle altre ex dipendenti, di essersi portato via il database degli espositori.
Intanto è andato a giudizio il contenzioso civile. I giudizi hanno esaminato le richieste di Padovafiere secondo cui i dipendenti avrebbero scaricato sul pc la documentazione su elenchi delle ditte, tariffe e sconti, compresi 4.400 indirizzi di rivenditori italiani permettendo un "copia-incolla" della fiera concorrente che quindi andava chiusa. I giudici hanno rigettato la richiesta affermando che le notizie erano comunque facilmente reperibili sul mercato, anzi a volte rese pubbliche dalla stessa Padovafiere. Dunque "non vi è prova che l'evento fieristico concorrente in sè sia il risultato di detta concorrenza sleale". Per quanto riguarda gli elenchi i giudici affermano che il bagaglio professionale delle dipendenti era già sufficiente per non dipenderne.
Ci sono poi le reciproche accuse tra enti di aver fatto circolare notizie screditanti. Qui i giudici hanno sottolineato come sia stato l'amministratore delegato di Padovafiere a rilasciare dichiarazioni "piuttosto pesanti" sul coinvolgimento dell'ente scaligero nella supposta attività illecita di Paolo Coin, supponendo che Verona "avrebbe posto in essere condotte rilevanti penalmente". E concludendo che queste, essendo screditanti debbano cessare. Alla fine Padovafiere dovrà pagare anche 7.500 euro di spese processuali.

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