«I barbari non vogliono vedere il mondo che fiorisce di gioia».

Lunedì 14 Dicembre 2015
«I barbari non vogliono vedere il mondo che fiorisce di gioia». Zineb ha 12 anni. Parla per ultima davanti a palazzo Moroni, sede del Comune. In cerchio attorno a lei stanno un centinaio di persone. Innalzano cartelli "L'islam siamo noi non l'Isis". Il "terrorismo è antiumanità". Vengono dalle moschee e dai centri culturali di tutta la città. Si dice che siano diecimila i musulmani qui. E loro nella piazza della Resistenza civile, in faccia all'Università, davanti alla pietra bianca del palazzo delle libertà ci tengono a dire che «Siamo una cosa sola. Non esiste il noi e il voi, questo è il nostro Paese».
Lo dicono, da musulmani, sotto un albero di Natale, con la voce di Hind Talibi, 26 anni, marocchina che andò a stringere la mano al sindaco alla fiaccolata contro il terrorismo. Lo dicono con i bambini, le mogli, i giovani. Insistono a testimoniare che quello che è successo a Parigi, ma anche in Libia o in Mali, li riguarda e fa paura anche a loro, allo stesso modo. Ma reagiscono. Li guida Boukadid Taoufik della comunità marocchina. «Siamo estranei a ogni forma di violenza, il terrorismo va isolato». Ha radunato esponenti dell'associazione Assalam di Piove, quelli di Al Hikhma in via Turazza, il centro culturale islamico del Bangladesh all'Arcella, e della Ferdaws di Pontelongo, quelli di Ala Faraouq e l'Avcp di Rustega. «Non ci sono due Islam, moderato o fanatico - si sfiata al megafono - ma uno solo. Il Corano rifiuta la violenza». Selim Shah vice presidente dell'associazione culturale Bangladesh: «Per noi uccidere una persona è uccidere l'umanità». Poi tocca a Sara dei Giovani musulmani. Legge una traccia che si è preparata sul telefonino. «Il terrorismo non fa parte della nsotra religione. E io come essere umano prima che musulmana sono contro la volenza, dal pugno al terrorismo. Condanniamo chi cerca di dividerci dai cittadini o ci etichetta come assassini». E cita la Costituzione: «Noi ripudiamo la guerra». È simbolicamente folgorante la presenza delle donne al microfono. Jalila dell'associazione Hikma. «No alla violenza e al terrorismo. Ci mettiamo la faccia a ripeterlo, senza stancarci». Majdoulin Sendadi è nata a Casablanca. «Stringiamoci la mano dobbiamo essere uniti di fronte all'ingiustizia, non pernetteremo che qualcuno ci divida».
Il punto nodale è questo, se vuoi la pace prepara la cultura, come si dice. Hind: «Siamo stufi di giustificarci per qualcosa che non abbiamo fatto. E le nostre madri hanno paura quando usciamo perché potremmo essere aggredite, l'islamofobia è un cancro». Da Treviso è venuto anche Kamel Layachi imam e guida delle comunità islamiche venete. La riflessione si innalza. «I nostri centri devono rimanere sedi di spiritualità e di legalità, luoghi aperti e non ghetti. Dobbiamo parlare di continuo della nostra città aprire un dialogo permamente con le istituzioni. Ai giovani dico: vivete in un Paese che riconosce la libertà religiosa, fatene buon uso, perché non siete ospiti è il vostro Paese». L'ultimo applauso è per Valeria Solesin.

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