Il Veneto terra di conquista cinese
+40% di attività in soli cinque anni

Sabato 21 Novembre 2015 di Alda Vanzan
Il Veneto terra di conquista cinese +40% di attività in soli cinque anni
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Ci sono tutte le premesse perché Rovigo diventi la nuova Prato, il distretto industriale cinese «illegale e criminale» che spazza via l’imprenditoria locale attraverso un impianto fatto di prestanomi, capannoni affittati, manodopera pagata per il 40% in nero, ditte individuali che durano 16 mesi perché così eludono i controlli e non pagano un centesimo di tasse. E la tappa successiva rischia di essere Venezia, con una "via della Seta " al contrario che vedrà l’invasione delle merci dalla Cina all’Europa attraverso il porto off shore lagunare.



A sostenere questa tesi è uno studio elaborato dal Centro Sintesi su fonte Infocamere, da cui emerge che il Veneto è già terra di conquista dei cinesi. Un dato su tutti: in Veneto, negli anni della Grande Crisi, dal 2009 al 2014, mentre gli imprenditori veneti sono calati del 7% e quelli stranieri sono aumentati del 14%, quelli cinesi sono cresciuti del 40% (contro il dato nazionale del 36%). Ma a sostenere questo scenario è soprattutto l’analisi di uno studioso, Antonio Selvatici, docente e scrittore, che dopo aver messo a fuoco il "sistema Prato" ha messo in fila una serie di indicatori così da lanciare l’allarme veneto. Di questo si è parlato ieri mattina a Palazzo Ferro Fini dove, invitato dal presidente del consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti, Selvatici ha presentato in anteprima il suo nuovo libro "Il Sistema Prato - Il distretto industriale illegale dei cinesi e degli italiani" (Pendragon edizioni) che uscirà a gennaio. Ma la presentazione - peraltro di fronte ad una illustre platea, dal prefetto di Venezia Domenico Cuttaia ai rappresentanti delle forze dell’ordine - è stata l’occasione per anticipare i contenuti del prossimo lavoro previsto per luglio in cui Selvatici affronterà il tema della "conquista del Veneto". Tesi che parte da alcuni dati di fatto: i cinesi hanno raggiunto accordi commerciali con il piccolo Stato di Gibuti, nell’Africa orientale, passaggio obbligato per arrivare in Mediterraneo attraverso il canale di Suez. Hanno ottenuto il controllo del porto del Pireo dopo essersi offerti di comprare parte del debito pubblico greco. Significa che i grandi container cinesi potranno arrivare in Grecia e qui le merci potranno essere sdoganate. Merci che, «grazie ad una incredibile distrazione di Bruxelles», diventeranno intraeuropee. «Chiaro - dice Selvatici - che la tappa successiva sarà Venezia. E la piattaforma del porto off shore sembra funzionale a questo». Stando a una stima dello Shangai International Shipping Institute, nel 2030 il traffico merci Cina-Europa raddoppierà salendo a oltre 25 miliardi di tonnellate. «Venezia rischia di essere il porto della Cina», dice Selvatici che profila uno scenario completamente diverso da quello ad esempio tratteggiato dall’Autorità portuale di Venezia lo scorso luglio quando firmò un accordo per lo sviluppo con lo scalo cinese di Ningbo. Il timore di Selvatici è che la nuova Via della Seta sia unidirezionale, dalla Cina a qua, facendo morire l’imprenditoria locale. Esattamente come è successo a Prato.

E le condizioni perché il "Sistema Prato" emigri in Veneto ci sarebbero già, come indica lo studio illustrato dalla direttrice del Centro Sintesi, Catia Ventura. Peraltro con una aggiunta: oltre ai soliti capannoni "fantasma" e ai bar/ristoranti, adesso ai cinesi interessano anche le aziende agricole (+87% di incremento in cinque anni), con tutti i rischi per la salute che ne derivano se è vero che usano anticrittogamici vietati in Italia. Un "sistema" che, dice Selvatici citando inchieste giudiziarie, non può non avere collegamenti con organizzazioni criminali transnazionali e che arriva al riciclaggio del denaro.
Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 08:49

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