Presepe, anche la rinuncia diventa un'imposizione

Martedì 1 Dicembre 2015
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Caro Direttore,
accoglienza. Integrazione. Adeguamento. Nessuno di questi due ultimi concetti contrasta con il primo, l’accoglienza. Solo che l’integrazione comporta una serie reciproca di mini-rinunce, di ricalibrazioni, di aggiustamenti. Via il crocefisso, via il presepio nelle scuole, via quel po’ di carne suina nel ragù delle mense scolastiche, ecc, da una parte. Via il velo sul viso, dall’altra.
Diversa cosa – più logica per chi scrive – l’adeguamento. Chi arriva in Italia trova una Costituzione. A queste chi arriva si adegua senza se e senza ma. Non ci si nasconda dietro il dito che senza integrazione non c’è accoglienza. C’è perfetta accoglienza anche con un onesto e leale adeguamento senza pretese. Senza pretendere dallo Stato niente di più di quanto non pretenda un nativo italiano.


Pietro Casagrande
Caneva (Pn)

Caro lettore,
credo che il buon senso sia sempre la strada maestra con cui avviare a soluzione i problemi. Anche quelli dell'accoglienza e dell'integrazione. Per quanto riguarda i simboli religiosi, il rapporto tra l'Italia e la Chiesa cattolica, che si è sedimentato nel tempo e che fa parte della nostra storia e identità, non rende il nostro paese paragonabile ad altre nazioni come la Francia, la Germania o gli Stati uniti. Per esempio: in nessun altro paese del mondo sulle vette delle montagne ci sono tante croci come da noi. Anzi, in alcuni massicci europei, le croci sono quasi totalmente assenti. Dovremmo forse abbatterle per non urtare le altrui sensibilità? Sarebbe una solenne sciocchezza, tantopiù che queste croci hanno anche una funzione geografico-segnaletica importante per chi frequenta le montagne. Non penso che l'atteggiamento giusto sia quello delle rinunce reciproche. La via da seguire è un'altra: non rinunciare a se stessi, quindi non accettare imposizioni, ma neppure avere la pretesa di imporle sempre e comunque ad altri, con buon senso. Provo a spiegarmi con un esempio concreto relativo proprio alle scuole. In un istituto italiano è del tutto normale che a Natale si faccia il presepe perchè questo rispecchia il modo sentire e la tradizione di un popolo. Rinunciarci in nome della presenza di una minoranza religiosa, equivale a una forma di violenza nei confronti della maggioranza, quindi a una, seppur indiretta, imposizione. Ma se nella stessa scuola si decide di fare una recita con canti di ispirazione cristiana, a una famiglia di religione non cattolica, per esempio ebraica o musulmana, deve essere consentito di non fare partecipare il proprio figlio alla recita, senza che ciò comporti nessuna forma di discriminazione o penalizzazione. E' un forma di rispetto delle libertà, che nulla toglie agli uni nè agli altri. Al contrario di quanto accade in altre zone del mondo, e in molti paesi in cui la religione musulmana è prevalente, i paesi di democrazia occidentale, come l'Italia, non pretendono l'omologazione dei costumi, delle scelte religiose e civili di chi arriva sul loro territorio. Esigono però l'osservanza delle leggi civili e il rispetto delle tradizioni. L'accoglienza non può funzionare in una sola direzione. Prevede diritti ma anche, e forse soprattutto, doveri. Tra questi c'è, ai primissimi posti, il rispetto della terra e della gente che ti ha accolto .

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