Cambio di casacca dei parlamentari,
più giusto e democratico dimettersi

Venerdì 22 Maggio 2015
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Caro direttore,

spesso il sistema democratico inglese viene citato in Italia come modello da imitare senza sottolineare o dimenticando, però, che uno dei fondamenti di quel sistema è l’adeguamento della minoranza alle decisioni della maggioranza. Non mi è mai capitato di leggere trasferimenti di deputati inglesi dal Partito Conservatore a quello Laburista e viceversa, né di frequenti votazioni di appartenenti ad uno dei due partiti a favore di proposte dell’altro. Recentemente l’esempio italiano macroscopico, dimostrativo dell’assenza di una reale educazione democratica, è costituito dal fenomeno spesso verificatosi dopo elezioni “primarie” all’interno del Pd: gli sconfitti anziché prendere atto che il risultato rientra nel gioco del sistema democratico ed adeguarsi alla decisione della maggioranza, hanno formato una loro lista elettorale in concorrenza con quella della maggioranza vittoriosa.

Questo fenomeno attualmente si è manifestato anche in Parlamento con deputati e senatori del Pd, i quali hanno votato contro progetti di legge proposti dal Governo del loro stesso Partito, in alcuni casi addirittura non votando la “fiducia” al Governo, il che rappresenta il rovescio del naturale funzionamento del sistema democratico. Si può e si deve avversare il Capo del Governo e Segretario del Pd quando non si è d’accordo, ma il conflitto non può venir trasferito in Parlamento ed alterare così la naturale composizione di maggioranza ed opposizione fissata dagli elettori, la cui volontà maggioritaria o minoritaria che sia deve essere rispettata. Il principio dell’indipendenza del parlamentare (art. 67 Cost.) riguarda il singolo, che non ha aderito ad alcuna formazione politica, non certo a chi, invece, ha aderito ed è stato eletto con un partito la cui esistenza presuppone la persistenza dell’accordo per farlo sopravvivere.


Avv. Aurelio Verger



Teolo (Pd)



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Caro lettore,

per un rappresentante del popolo la libertà di coscienza è un requisito fondamentale e insieme un decisivo presidio democratico. In Italia però assistiamo ad un fenomeno diverso: non a parlamentari che su determinate leggi assumono una posizione autonoma e diversa da quella del proprio partito. No, quello che da troppo tempo va in scena è il "ballo" di deputati e senatori: onorevoli che trasmigrano con assoluta indifferenza e disinvoltura da un partito all'altro, spesso anche più volte nel corso della stessa legislatura. Cambiare idea è ovviamente legittimo, ma nessuno dei parlamentari migranti viene mai sfiorato dal dubbio che gli elettori che lo hanno votato forse non condividono il suo cambio di casacca e che quindi viene meno il vincolo che lega il rappresentante del popolo al popolo stesso. In questi casi non sarebbe più giusto e democratico che il parlamentare, per coerenza e rispetto degli elettori, si dimettesse? Probabilmente sì. Ma nessuno lo fa mai.
Ultimo aggiornamento: 13:38

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