Expo Milano, tangenti sugli appalti: sette arresti per turbativa d'asta

Giovedì 8 Maggio 2014
Primo Greganti
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Bufera giudiziaria sull'Expo di Milano A distanza di poco più di un mese dall'arresto di Antonio Rognoni, ex dg di Infrastrutture Lombarde, società coinvolta nella realizzazione delle più importanti opere pubbliche lombarde, un vero e proprio terremoto si è abbattuto oggi sull'esposizione in programma tra un anno a Milano. In carcere è finito infatti uno dei manager più importanti di Expo 2015 spa, il «responsabile dell'Ufficio contratti», Angelo Paris, e con lui anche due vecchi protagonisti della stagione di Tangentopoli, l'ex esponente del Pci Primo Greganti e Gianstefano Frigerio, ex Dc e ex deputato di Forza Italia, i quali assieme all'ex senatore di Forza Italia, Luigi Grillo, avrebbero creato una «saldatura» tra imprese, cooperative e tutti gli schieramenti politici, da destra a sinistra fino alla Lega, per condizionare e assegnare appalti in cambio di tangenti.



«Abbiamo reciso nel più breve tempo possibile i rami malati, proprio per consentire ad Expo di ripartire al più presto», ha chiarito il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati. Secondo il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e i pm Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio, negli ultimi due anni avrebbe operato in Lombardia una vera e propria «cupola» che prometteva «avanzamenti di carriera», grazie a «protezioni politiche», a manager e pubblici ufficiali disponibili a pilotare le gare a favore degli imprenditori che versavano le mazzette. E così nell'ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip Fabio Antezza, compaiono i nomi di numerosi politici, tra cui Silvio Berlusconi, che avrebbe ricevuto lo stesso Paris ad Arcore lo scorso febbraio, ma anche quello di Cesare Previti.



«Non c'è nessun politico nazionale indagato, allo stato», hanno chiarito i pm, spiegando, tra le altre cose, che la «sede sociale» dell'associazione per delinquere (contestati anche i reati di corruzione, turbativa d'asta e rivelazione di segreto d'ufficio) si trovava a Milano in un centro culturale intitolato a Tommaso Moro. Centro di cui era presidente Frigerio, già condannato ai tempi di Mani pulite e attualmente collaboratore dell'Ufficio Politico del Ppe a Bruxelles. E se Frigerio, detto «il Professore» o «l'Onorevole», dalle intercettazioni sembra essere stato in stretti rapporti con l'ex premier («il mio capo mi ha chiamato ad Arcore», diceva in una conversazione del 10 maggio 2013), Greganti, noto come il collettore delle mazzette rosse più di 20 anni fa, nella «cupola» era, come scrive il gip, il «soggetto legato al mondo delle società cooperative di area PD», le quali, come hanno chiarito i pm, venivano da lui protette e favorite negli appalti.



Anche Grillo, detto Gigi e già coinvolto nell'inchiesta Bpi-Antonveneta, benché uscito più di un anno fa dal Parlamento ha mantenuto, si legge nell'ordinanza, «intatta la capacità di relazionarsi ad alto livello con il mondo politico-parlamentare», la vera «leva», secondo i magistrati, per inquinare le gare.



Così un importante appalto per l'Expo 2015 «del valore di 67 milioni di euro» sarebbe stata aggiudicato «in favore di un'Ati partecipata da Celfa soc. coop. oltre che dalla Maltauro costruzioni spa», società di Enrico Maltauro, imprenditore vicentino, anche lui finito in carcere. Si tratta della gara riguardante le cosiddette «Architetture di servizio» e che sarebbe stata condizionata, secondo quanto riportato dall'ordinanza, in cambio di una stecca da «600mila euro da suddividersi in parti uguali» tra i partecipi dell'associazione, tra cui anche Sergio Cattozzo, ex segretario dell'Udc della Liguria. Paris avrebbe riservato, secondo il gip, «un trattamento preferenziale ad imprese di riferimento dell'associazione» in relazione anche ad altri appalti per l'Expo, tra cui quello relativo «al "progetto vie d'acqua"».



Poi anche il tentativo di condizionare altri appalti «minori» dell'Expo, come quello dell'area parcheggi, e gli interventi sui dg di una serie di ospedali e sul progetto Città della Salute da 350 milioni, oltre all'appoggio continuo a Giuseppe Nucci, ex ad della società pubblica Sogin che si occupa dello smaltimento delle scorie nucleari. Nel settembre 2013 Cattozzo, parlando di una sfumata nomina di Nucci (indagato), diceva che anche Greganti «era convinto che si potesse ancora correre su Nucci Presidente perché Pierluigi Bersani ha detto "io sono d'accordissimo"».



Sala. «Svolgo da sempre la mia attività professionale credendo nel lavoro di squadra e nella lealtà dei comportamenti. Oggi questa fiducia appare sorprendentemente tradita da una delle persone di Expo», ha detto il commissario unico Giuseppe Sala, che è amministratore delegato della società di gestione. «Dal mio punto di vista - ha aggiunto - non intendo sottrarmi alla responsabilità che comunque è sempre in capo a chi guida una società».



«In vista dell'incontro di martedì con il Presidente del Consiglio, intendo esaminare quali siano le migliori condizioni di lavoro della Società nell'esclusivo interesse dell'Expo, del Paese e dell'assoluto rispetto della legalità», ha aggiunto Sala. «La gravità dei fatti emersi oggi - ha spiegato - l'importanza dell'Expo per l'Italia e l'assoluta convinzione che la legalità sia il valore fondante del lavoro di chi opera per il Paese, mi obbligano a riflettere a fondo sulle modalità di conduzione di Expo nel suo ultimo anno di preparazione» ha osservato Sala.




Renzi. «Massima fiducia nella magistratura e massima severità se sono stati commessi reati», ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ribadendo: «I politici facciano il loro lavoro e non commentino il lavoro della magistratura».



Il sindaco di Milano. «Se ci sono inchieste vuol dire che si controlla, che qualcuno fa delle segnalazioni», ha detto il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Le indagini della magistratura, però, «non sono relative ad Expo - ha sostenuto Pisapia - ma sono relative soprattutto ad altre questioni che nulla hanno a che vedere con Expo». «Pensare che non ci sarebbero stati tentativi di infiltrazione criminale e di interessi particolari in Expo è qualcosa fuori da qualsiasi logica per chiunque conosca la situazione del nostro Paese. Di certo sono stati bloccati in tempo e questo mi rassicura e deve rassicurare tutti», continua il sindaco di MIlano. E aggiunge: «Ho sempre detto e ribadisco che tentativi di infiltrazione della criminalità ci sarebbero stati ma, allo stesso tempo, ho sempre detto che erano stati però creati gli anticorpi e gli argini per evitare che vincesse l'illegalità e la criminalità mafiosa. E l'indagine lo conferma».



Maroni. «Sono convinto dell'assoluta necessità di assicurare assoluta pulizia - afferma Maroni in una nota della Regione - prendo atto con piacere del fatto che il commissario unico Giuseppe Sala non sia coinvolto in alcun modo e gli rinnovo la fiducia, così come ho fiducia nell'operato della magistratura. Mi auguro - prosegue Maroni - che quanto successo non abbia ricadute sulla prosecuzione dei lavori e che tutte le opere vengano realizzate. È lo stesso auspicio fatto dai magistrati, che condivido pienamente. Questo è l'obiettivo comune a tutti. Per quanto mi senta addolorato da quanto successo, spero si possa procedere rapidamente nella realizzazione del crono-programma previsto». Il presidente della Regione Lombardia si riserva di leggere le carte dell'inchiesta ma annuncia di voler fare una «valutazione comune» con il commissario Sala, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia e il Governo.



Di Pietro. «Vent'anni dopo Tangentopoli si è costretti ad aspettare la magistratura per risolvere i problemi»: lo ha detto, commentando gli arresti delle ultime ore Antonio Di Pietro oggi a Pavia per un incontro elettorale.
Il leader dell'Idv ha riflettuto con tono amaro su quanto accaduto dopo Tangentopoli: «Nel 1992 iniziai, con i miei colleghi, l'inchiesta Mani Pulite. Sin dall'inizio si è cercato di criminalizzare questa indagine, attaccandoci anche personalmente tanto è vero che nel 1994 fui costretto a dimettermi dalla magistratura. È un po' come se la colpa di quanto era successo fosse stata di noi pubblici ministeri che avevamo scoperto i reati, invece di chi li aveva effettivamente commessi. È quasi come se si accusasse un medico di aver scoperto un tumore nel corpo di un paziente». Secondo Di Pietro «non è possibile che, più di vent'anni dopo Tangentopoli, si sia costretti ad aspettare sempre l'intervento della magistratura per risolvere i problemi». Per Di Pietro è essenziale che «si riporti la legalità all'interno delle istituzioni, per far in modo che le istituzioni servano i cittadini e non si facciano gli affari propri».
Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 08:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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