Alitalia-Etihad, vertice con
il governo per salvare la trattativa

Venerdì 18 Aprile 2014 di Rosario Dimito
Alitalia-Etihad, vertice con il governo per salvare la trattativa
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Lo strappo consumato da Etihad con la dura lettera di mercoled, ieri ha costretto Alitalia a correre ai ripari con una serie di iniziative. L’ultima delle quali è la convocazione del cda per martedì 22 a Milano onde fare il punto sull’ultima infuocata puntata. L’ordine del giorno è rimasto quello fissato per il cda di lunedì 14 poi sfumato («stato di avanzamento del negoziato con il partner industriale, varie e eventuali») ma è ormai chiaro che il tema della riunione sarà ben altro.



Ieri, dopo una lunga conference con Palazzo Chigi e i due azionisti bancari (Intesa e Unicredit), è infatti partita una lettera firmata dal presidente Roberto Colaninno e dall’ad Gabriele del Torchio alla volta di Abu Dhabi. Un tentativo in extremis di tenere in vita un negoziato che, se non è definitivamente tramontato nella forma, non sarà facile riallacciare visto che, per esaudire le richieste della controparte, si rischiano corto circuiti sociali (con i sindacati sul tema degli esuberi) e con il mondo politico delle regioni del Nord Italia.



Le condizioni tassative per realizzare la partnership industriale sono del resto contenute implicitamente nella lettera di Ethiad. Tutto abbastanza noto anche se, al contrario delle attese, il vettore emiratino non ha notificato un’offerta sulla base della quale aprire il negoziato. Ha invece posto 4 condizioni forti, in apparenza irrealizzabili (o quasi), alle quali subordina la lettera di intenti: 3 mila esuberi da realizzare tout court, cancellazione di 400 dei 549 milioni di debiti con le banche, garanzia della società su una serie di incognite pregresse, come il contenzioso con AirOne. In più la valorizzazione di Linate a scapito di Malpensa che la Lega rifiuta.



RIVOLTA DELLA LEGA

In mattinata Del Torchio e Colaninno avrebbero compiuto una ricognizione con i banchieri di Citi e gli avvocati di Bonelli Erede Pappalardo, tenendosi comunque in contatto con i principali azionisti. Poi nel pomeriggio conference call con base l’ufficio di Del Torchio a Fiumicino, e collegamenti con esponenti di punta del governo, di Atlantia, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Poste oltre Immsi, rappresentata da Colaninno. La discussione sarebbe partita da un giro di tavolo di considerazioni a ruota libera rispetto al tono duro della missiva di Etihad che presuppone regole e cultura che non sono quelle vigenti in Italia. Gli emirati vogliono che il taglio dei 3 mila dipendenti venga fatto in tempi stretti dal team di Del Torchio sulla base di criteri discrezionali e senza utilizzare gli ammortizzatori previsti della legislazione del lavoro. Naturalmente le relazioni industriali hanno le loro tappe e i loro tempi, pena il caos sociale con paralisi dell’attività a causa di scioperi. Poi c’è il nodo delle banche, in piedi da settimane. Gli arabi vogliono accollarsi meno passività possibili: di qui l’haircut di quasi tutto il debito a breve-medio termine con un’operazione dolorosa per Intesa Sanpaolo e Unicredit che, tra l’altro, essendo anche azionisti cumulano il rischio sul cliente Alitalia. Le posizioni dei due istituti non sarebbero propriamente allineate, con Unicredit che manifesterebbe più flessibilità rispetto ad Intesa Sanpaolo. Questa maggiore apertura si spiega anche col fatto che l’istituto guidato da Federico Ghizzoni è entrato nella partita più di recente quanto a coinvolgimento nell’azionario, rispetto alla Cà de Sass che è stata pioniera e regista del piano Fenice. Le banche inoltre sono chiamate assieme agli altri soci a dare una garanzie sul passato. Il governo invece deve trovare una quadra su Malpensa col rischio di fomentare la rivolta della Lega.
Ultimo aggiornamento: 16:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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