Honduras, l’isola caraibica di Roatán da fare lontano dal caos di West Bay Beach e West End

Venerdì 3 Maggio 2024, 10:38

A Punta Gorda per incontrare la comunità nativa dei Garifuna

La vacanza ideale non dura meno di un weekend lungo a Roatán e non deve mancare, tra le tappe del viaggio, la grande festa che anima con musica, balli e cibo tradizionali, l’allegra e antica Punta Gorda la domenica sera. Un villaggio di pescatori nell’estremità orientale dell’isola, abitato ancora oggi dai Garifuna, una popolazione nativa di indigeni caraibici e africani, stabilitasi qui e in altre aree dell’America Centrale dopo essere fuggita dall’isola di Saint Vincent nel XVIII secolo. Sebbene raggiungendola via mare si impieghi meno tempo (da Anthony’s key sono 20 minuti, da West Bay 45), il percorso via terra di oltre un’ora da West Bay Beach è l’occasione per vedere da vicino i pittoreschi agglomerati urbani e, poco prima dell’arrivo, la gigantesca riproduzione di una nave pirata, attualmente chiusa ma un tempo sede di un club e di un museo. Punta Gorda non è la destinazione classica per un bagno paradisiaco: la sabbia è assente e più che altro si esce con la barca per procacciarsi del cibo. Invogliano la permanenza, invece, i tanti locali dall’atmosfera rilassata che regalano spensieratezza tra un drink e un’esperienza culinaria tipica della antica comunità natia, a base di machuca. Una zuppa di pescado cotto con cipolla e peperoncino nel latte di cocco, e accompagnata da una purea di platano verde, che tutti i ristoranti della zona propongono con orgoglio, rivendicando la ricetta eseguita come una volta, sotto l’egida della bandiera dei Garifuna, che si fa spazio all’ingresso dei locali con le sue tre strisce orizzontali color giallo, bianco e nero. Ad accompagnare il piatto è il cazabe, un pane preparato con la manioca (o yucca), tubero da cui la tribù prende il nome (karifuna significa proprio clan della manioca) e di cui la stessa è valente coltivatrice. A conquistare gli avventori in cerca di autenticità sono poi le performance di ballo del Punta, una danza tradizionale rappresentata durante il pranzo e la cena da giovani donne che si muovono al ritmo delle percussioni, come tamburi, maracas, gusci di tartaruga e conchiglie. Dimenandosi tra sonorità africane e amerinde, si fanno notare gli sgargianti colori dei preziosi mandaguina indossati, abiti confezionati dalle figure femminili più anziane del villaggio in tre pezzi coordinati: gonna a balze, camicetta e copricapo. La cuffietta con fazzoletto è particolarmente importante nella cultura dei Garifuna. Costoro credono, infatti, che il male si impossessi dell’uomo attraverso la testa, per cui tenerla protetta diventa fondamentale. Per cogliere il più possibile l’anima del villaggio, dove non manca una chiesetta cattolica con una grande croce nel mare, per ricevere il sacramento del battesimo in acqua, si può provare ad avvicinarsi ai cortili delle case. Spazi aperti rallegrati dai tanti bambini che, spensierati, giocano a pallone, mentre le femminucce fanno sfoggio dei loro capelli raccolti in tante piccole treccine di perline. Scambiare sorrisi e anche qualche parola non è un’impresa impossibile, grazie alla curiosità e all’ospitalità dei piccoli Garifuna, ambasciatori di usi e costumi ancestrali nonostante la tenera età. Su tutti, la melodica lingua parlata, appartenente al gruppo delle arawak, con elementi africani e amerindi. Una testimonianza del passato sopravvissuta a secoli di discriminazioni e dal 2008 riconosciuta Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco.

Una giovane nativa Garifuna a Punta Gorda
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