Chico Forti, come è riuscito a tornare in Italia? Dalla mobilitazione politica agli oltre 2 mesi per l'estradizione: le tappe

Domenica 19 Maggio 2024
Chico Forti, come è riuscito a tornare in Italia? Dalla mobilitazione politica agli oltre 2 mesi per l'estradizione: le tappe

Un marcia lunga, partita 5 anni fa con la richiesta di essere trasferito in Italia. Ieri Chico Forti ha tagliato finalmente il traguardo, con un'accelerazione improvvisache ha accorciato i tempi del complesso meccanismo di estradizione dalla Florida del 65enne ex surfista trentino, dopo quasi 25 anni di detenzione negli Stati Uniti.

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Chico Forti, il rientro in Italia

Il lavoro del livello politico, di quello diplomatico e la collaborazione degli uffici giudiziari ha consentito così di portare a casa il risultato con alcune settimane di anticipo rispetto alle previsioni.

Le prime mosse

Il primo passo della marcia risale al dicembre 2019, quando Forti, tramite il proprio difensore, ha espresso la volontà di essere trasferito in Italia.

Senza quell'atto formale il rientro non sarebbe stato possibile in quanto l'uomo - che si è sempre dichiarato innocente - fino ad allora si era rifiutato di riconoscere la condanna. E' iniziata così, tra stop and go, la mobilitazione dei vari governi italiani nei confronti dell'amministrazione Usa.

 

C'era da "convincere" Washington, ma anche Miami, con il governatore italoamericano della Florida, Ron DeSantis ed i pubblici ministeri dello Stato.

La svolta

Una partita complessa, dunque, con diversi livelli coinvolti. Che ha avuto una svolta con l'incontro a fine febbraio nella Capitale americana tra la premier Giorgia Meloni - che aveva sostenuto la causa di Forti anche quando era all'opposizione - ed il presidente Joe Biden. I

In quell'occasione, il 2 marzo, Meloni aveva annunciato la firma dell'autorizzazione al trasferimento in Italia: Chico Forti poteva così finire di scontare la pena in un carcere del suo Paese. Il nodo sciolto era la cosiddetta norma del "fine pena mai". Il 65enne, cioè, in Florida stava scontando l'ergastolo senza condizionale che non è previsto dalla giurisdizione italiana. Con la visita della premier si è superato questo scoglio: in Italia sconterà ancora l'ergastolo, ma sottoponendosi alle leggi italiane, compresi i benefici premiali nel caso in cui siano previsti.

Estradizione

Risolta la partita politica, restava da sbrigare l'iter dell'estradizione, dai tempi imprevedibili. Ci sono voluti due mesi e mezzo. Il 15 marzo il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha trasmesso al procuratore generale di Trento l'atto, a sua firma, con cui chiedeva di promuovere alla Corte di appello il riconoscimento della sentenza penale irrevocabile emessa dalle autorità statunitensi nei confronti di Forti.

Nordio ha anche trasmesso al Department of Justice le informazioni tecniche richieste in merito alle modalità di esecuzione della pena in Italia. Il 17 aprile presso la Corte di appello di Trento c'è stato un altro atto formale importante: la prima udienza per la conversione della sentenza statunitense.

L'uscita dal carcere

Il 16 maggio Forti ha lasciato il carcere di Miami, rimanendo trattenuto dall'Agenzia statunitense per l'immigrazione, in attesa del trasferimento in Italia, previsto nel giro di 2-3 settimane. E' stato anticipato ad oggi con l'aereo atterrato in mattinata a Pratica di Mare.

«Grazie a un lavoro certosino con Palazzo Chigi - ha spiegato Andrea Di Giuseppe, parlamentare di Fratelli d'Italia eletto all'estero, che ha seguito il caso - è stato possibile ridurre i tempi di trasferimento che, nelle ultime 24 ore, hanno subito un'ulteriore accelerazione. In un momento così delicato, abbiamo dovuto rinviare l'annuncio del trasferimento in Italia e muoverci in modalità silenziosa perché c'era il concreto rischio di irrigidire e indispettire all'ultimo secondo le autorità statunitensi».

Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 21:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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