Vajont, dietrofront del Ministero: «L'archivio resta a Belluno, una norma per la garantire che non venga mai spostato»

Giovedì 16 Maggio 2024 di Angela Pederiva
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla cerimonia di commemorazione della tragedia del Vajont

BELLUNO - Dirompente era stato martedì l'affondo, ma ancora più clamorosa è stata ieri, 16 maggio, la retromarcia. Contrordine dal ministero della Cultura sui faldoni processuali del Vajont: i documenti originali resteranno «per sempre a Belluno», mentre a l'Aquila «verranno consegnate le riproduzioni digitali». Ad annunciarlo è stato il sottosegretario Gianmarco Mazzi, attraverso una nota condivisa con il ministro Luca Ciriani, che da titolare dei Rapporti con il Parlamento ha ribadito l'impegno condiviso con il collega Gennaro Sangiuliano: «Stiamo lavorando per trovare la soluzione, anche normativa se dovesse servire, per garantire che un pezzo di memoria e di storia del nostro territorio non venga assolutamente spostato».

L'ERRORE
Ma com'è stato possibile questo dietrofront nel giro di appena 24 ore? Rispondendo all'interrogazione dei dem Rachele Scarpa e Piero Fassino, il meloniano Mazzi nell'aula della Camera aveva letto la relazione che era stata predisposta dagli uffici del Mic, secondo cui era stato deciso «il deposito temporaneo presso l'Archivio di Stato di Belluno dei documenti originali, da trasferire all'Archivio di Stato de L'Aquila» e «la sostituzione a Belluno degli originali con riproduzioni digitali». Una comunicazione «rivelatasi sfortunatamente incompleta», ha rimarcato però il giorno dopo lo stesso dicastero. Stando alle indiscrezioni, l'errore sarebbe stato commesso da chi ha redatto la risposta per Mazzi, il quale però avrebbe signorilmente evitato di formulare rimproveri pubblici, assumendosi la responsabilità politica di rettificare le improvvide affermazioni. «Quei 5.205 documenti contenuti in 250 buste - ha dichiarato il veronese - rappresentano un monito perenne: appartengono alla memoria di tutti gli italiani e ancor più della comunità veneta di cui faccio parte».
Il ministro friulano Ciriani, che lo scorso 9 ottobre a Erto e Casso aveva subito raccolto l'appello del presidente Sergio Mattarella, ha rinnovato l'impegno preso con i sindaci: «Dopo il richiamo del capo dello Stato ci siamo subito attivati in via amministrativa con gli uffici del ministero della Cultura, competente a decidere, pensando che si potesse risolvere la questione con una serie di decreti ministeriali.

Invece abbiamo verificato che quello strumento consente solo di prorogare la collocazione temporanea, mentre occorre una soluzione definitiva. Così adesso con il collega Sangiuliano ci siamo detti che bisogna approvare una norma. Non c'è fretta perché i documenti lì sono e lì stanno, nessuno li porta via, ma il rispetto delle vittime richiede un intervento strutturale. Tengo a precisare che la digitalizzazione non è in contraddizione con questo: serve a rendere fruibile il patrimonio culturale a tutti i cittadini italiani e a preservare la carta dal deperimento. Dunque la digitalizzazione e la norma sono due iniziative che viaggiano in parallelo. Dobbiamo solo capire se procedere con un disegno di legge autonomo o con un emendamento a un decreto su un tema attinente. Le parole alla Camera? Mi è dispiaciuto che si sia equivocato. Ma se c'è stato un errore, lo togliamo subito dal tavolo così».

I COMMENTI
La notizia aveva rinfocolato le polemiche. «Questo Governo non si ferma neanche davanti al monito del presidente Mattarella, né a un voto unanime del Consiglio regionale del Veneto», aveva commentato la pentastellata Erika Baldin. Invece poi si è rasserenato pure il governatore leghista Luca Zaia: «Ringrazio il ministro Sangiuliano, che dimostra sempre grande attenzione al Veneto, e tutto lo staff del Ministero. Come Regione siamo già pronti ad avviare al più presto con il Governo il progetto di collaborazione per la conservazione e la divulgazione di questo grande patrimonio della memoria».
 

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