Ricettazione ed evasione fiscale, così è nato il nuovo processo al boss Trovato

Mercoledì 16 Febbraio 2022
Giuseppe Trovato

Ricettazione e false dichiarazioni al fisco, ecco come è nato il nuovo processo a carico di Giuseppe Trovato.

Ieri il maresciallo della Finanza ha illustrato in udienza l’indagine che ha portato un altro procedimento per il boss di mafia viterbese. Trovato era virtualmente presente in aula, grazie a un videocollegamento col carcere di Nuoro dove è rinchiuso da tre anni.

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Le contestazioni, principalmente di natura finanziaria, arrivano dopo una lunga e meticolosa indagine delle fiamme gialle, coordinate dalla Procura di Viterbo, che hanno setacciato registri contabili e atti di vendita dei negozi di compro oro di cui Trovato era amministratore e legale rappresentante. Tre gli esercizi commerciali finiti sotto la lente della magistratura: quello in viale Baracca, quello di via della Palazzina e quello di via Garbini. Tutti sotto l’insegna di Banco Metalli italiano e ormai chiusi da anni.

«L’indagine della Finanza - ha spiegato il maresciallo - nasce dopo una serie di controlli incrociati sui documenti contabili. Molti dei quali presentavano anomalie». Tre le imputazioni. La prima è quella di evasione fiscale. Secondo quanto certificato dai baschi verdi Trovato dal 2013 al 2018 avrebbe indicato nelle dichiarazioni dei redditi elementi passivi fittizi. «Nello specifico - ha detto ancora il finanziere - per il 2013 avrebbe evaso 12.820 euro, per il 2014 altri 15.122 euro, 14.900 per il 2015, fino a 20.265 per il 2016 e 35.680 euro nel 2017. Per un totale di oltre centomila euro di evasione».

La seconda riguarda il reato più grave la ricettazione. Secondo gli inquirenti Trovato avrebbe compiuto «operazioni tali da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni». Nello specifico per evitare l’identificazione dei preziosi ricevuti nei suoi negozi di compro oro avrebbe fatto false annotazioni o compilazioni. Indicando provenienze diverse e utilizzando nomi fittizi per compilare le schede obbligatorie. Testimone in aula anche un cliente del compro oro.

Trovato avrebbe sfruttato il suo nome e la sua carta d’identità per giustificare la compravendita di oro di provenienza non meglio specificata. Si torna in aula il 17 maggio.

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