Viterbo, Fase 2: ristoratori in ginocchio. Belli: «Zero certezze, a rischio chiusura metà delle imprese»

Domenica 26 Aprile 2020 di Luca Telli
Laura Belli

«Il 28 aprile alle 21 abbraccerò la protesta degli altri miei colleghi del movimento Ho.re.ca: aprirò la porta e accenderò le luci. Stanno uccidendo un settore che, da solo, vale diversi punti di Pil. La nostra categoria merita rispetto per quello che dà e produce, anzi, la pretende».

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Poche parole e tanta rabbia. Laura Belli, titolare dei “Giardini di Ararat”, agriturismo ai piedi dei Monti Cimini parla a nome di tutti i ristoratori della provincia: porte sprangate da un mese, quintali di scorte finite nella pattumiera e migliaia di euro di mancati guadagni.

 La Fase 2, che per i ristoranti è prevista tra il 4 e il 18 maggio, è una grossa incognita. «Di più, un salto nel vuoto», dice Belli che non ci gira intorno e prende di petto il governo: due volte responsabile. La prima, per aver lasciato da sole le imprese in un momento drammatico, la seconda per la poca chiarezza intorno ai termini e agli adempimenti necessari per la riapertura, ancora sconosciuti.

«Scrivono le regole ma noi dobbiamo metterle in pratica. I tempi si accorciano ogni giorno che passa, così come la vita di un’impresa, appesa a un filo sempre più sottile. La saracinesca abbassata si traduce non solo in perdite ma anche in costi, affitti e bollette in primis,  che vanno sostenuti a fronte di zero incasso – dice Belli – . Realizzare delle ipotetiche barriere per il distanziamento sociale poi comporta spese, soldi che non ci sono e bisogna trovare».

Pochi i ristoranti che potrebbe decidere di riaprire: «Nel caso in cui le regole dovessero essere troppo rigide molti resteranno chiusi– continua Belli –. Il calcolo è matematico: metà dei coperti, in una situazione psicologia e finanziaria già compromessa, significa impossibilità di coprire le spese. I dipendenti? Nessuno ha ancora visto un euro di cassa integrazione, come noi del resto: così crolliamo».

La stima del disastro è nei dati delle associazioni di categoria che parlano del 50% di aziende sul baratro, a un passo dal fallimento; la metà più debole (già con una situazione debitoria importante) subito, l’altra destinata a seguire entro la fine dell’anno. «Ma poi seguiranno gli altri – continua Belli – serve un’iniezione di liquidità diretta nei conti corrente. I finanziamenti a disposizione sono, di fatto, preclusi alle aziende in difficoltà: una doppia beffa, è come se il governo dicesse se stai male, allora muori. Le tasse vanno sospese, come qualsiasi altro tipo di adempimento fiscale. Al Governo chiediamo solo una cosa: di poter vivere del nostro lavoro».

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Ultimo aggiornamento: 27 Aprile, 22:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA