Quant’è dura la vita in Dad, soprattutto per i più piccoli.
“Non tutto è negativo: i bambini, quantomeno, continuano a vederci. Noi – afferma un’insegnante del capoluogo – per loro siamo punti di riferimento e l’affettività conta più della didattica. I bimbi, però, hanno bisogno di giocare e di relazionarsi: il pc non lo consente. Inoltre, con molte colleghe siamo preoccupate per il tempo che i nostri alunni passano di fronte ai computer: alcune scuole hanno introdotto lezioni asincrone, con materiale inviato e su cui lavorare con tempistiche libere; altre invece hanno trasformato le ore che prima erano in presenza in lezioni sincrone”.
E qui scattano anche i problemi per i genitori: chi ha tanti figli e device non sufficienti, chi non ha la connessione stabile o non ce l’ha per niente, chi è in smart working e non riesce a conciliare le due cose. “Riscontriamo un grande impegno da parte di insegnanti e scuole. Anche noi famiglie ce la stiamo mettendo tutta: ci adeguiamo anche se non siamo d’accordo. La scuola – commentano dal Comitato genitori organizzati di Viterbo – doveva essere resa più sicura e, quindi, l’ultima a chiudere. La Dad è solo una toppa che stanno imponendo e che presenta fori limiti, tecnologici ma non solo: i piccoli che hanno difficoltà, caratteriali e non, vengono penalizzati”.
Ogni istituto, poi, si è organizzato come meglio ha potuto: alcuni, ad esempio, hanno colto l’opportunità prevista dal Governo della cosiddetta didattica mista. Si tratta, in pratica, di garantire le lezioni in presenza per gli alunni con bisogni educativi speciali, creando piccoli gruppi di studenti che di volta in volta si alternano in classe per non lasciarli soli, con gli altri compagni a casa per le lezioni a distanza.