Percorso catartico a base di urina e favori sessuali, parte il processo per padre Lino

Giovedì 13 Gennaio 2022 di maria letizia riganelli
Al centro l'avvocato Vincenzo Dionisi con la mamma di una delle vittime

Costringeva le adepte a bere la sua urina e a praticare favori sessuali: parte il processo per il santone di Acquapendente. Il maestro Lino, al secolo Pasquale Gaeta, ieri è arrivato in Tribunale per la prima udienza davanti al collegio. 
Il sessantenne napoletano leader della comunità “Qneud” (acronimo di Questa non è una democrazia) è accusato di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale ai danni di due ragazze e esercizio abusivo della professione di psicologo. Parti civili la mamma di una delle due presunte vittime, una giovane adepta e l’ordine degli psicologi.
A far scoppiare il caso fu la mamma di una delle presunte vittime.

La donna, che non riusciva più ad avere contatti con la figlia 24enne, con uno stratagemma avrebbe messo dei registratori a casa dell’uomo, con cui avrebbe scoperto che la figlia era diventata una schiava. Subito dopo ha presentato denuncia.

Nella comunità del maestro Lino però sarebbero entrate diverse ragazze, tutte con l’intenzione di percorrere il “cammino catartico” e purificarsi. Cammino che, per la pm Paola Conti che ha indagato sul caso raccogliendo oltre 2.500 atti d’indagine, si sarebbe trasformato in un vero e proprio plagio. Psicologico e sessuale. 
La figlia della donna parte civile, assistita dall’avvocato Vincenzo Dionisi, che è stata già ascoltata durante l’incidente probatorio, si è completamente disinteressata della vicenda e non è più assistita da un difensore. Probabilmente sarà costretta a intervenire nel processo come testimone. La ventenne il 23 maggio 2019 ha negato con lucidità e forza qualsiasi tipo di influenza da parte del maestro Lino, affermando di essere entrata in quel posto lucida e consapevole.


«Sto seguendo un percorso karmico - disse - nessuna violenza e nessun maltrattamento». Sulla giovane è stata anche disposta una perizia. La mamma della ragazza, che ha smosso mari e monti per salvare sua figlia, è convinta del contrario. «Mia figlia - ha detto al termine dell’udienza preliminare - è stata ed è tuttora plagiata».

Per il gip Francesco Rigato, che dispose l’allontanamento del santone dalla ventenne, si sarebbe trattato di uno «stato di sudditanza psicologica», in quanto l’uomo è «particolarmente abile nell’utilizzare argomentazioni di carattere religioso/esoterico per farle credere che le pratiche che la induce a porre in essere siano finalizzate a un innalzamento dell’anima».

Il processo al santone di Acquapendente entrerà nel vivo solo a luglio, quando saranno ascoltati i primi testimoni. Pasquale Gaeta, che ha sempre spedito al mittente tutte le accuse, ieri è arrivato in aula sicuro di sé e non ha battuto ciglio nemmeno davanti al collegio. L’imputato è assistito dall’avvocato Bruno Barbaranelli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA