Vega, il missile italiano dei record svetta al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano Video

Venerdì 22 Novembre 2019
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di Paolo Ricci Bitti

Adesso manca solo un leonardesco marchingegno per far tremare il terreno. E magari una di quelle macchine che producono fumo simulando fiamme e boati per creare effetti cinematografici.

Poi sembrerà davvero di trovarsi in uno spazioporto, in un tempo presente già assai declinato al futuro, invece che al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano nel cui piazzale è pronto al decollo un maestoso razzo lanciasatelliti Vega dell'Avio alto come un palazzo di 10 piani, insomma 30 metri. Ovvero una copia a grandezza naturale del missile in gran parte italiano che vanta il più impressionante e lusinghiero record dal 1379, quando i veneziani utilizzarono una delle prime “rocchette” per distruggere una torre nemica a Chioggia. Un razzo dalla foggia simile alla rocca affusolata usata per filare tessuti: da “rocchetta” all’inglese Rocket e al russo Rakieta il passo è breve come quello di ritorno all’italiano Razzo.

Questo per dire che la storia della missilistica ha profonde radici italiane sottolineate ora dall’installazione di Vega (Vettore Europeo di Generazione Avanzata) nel museo di Milano dedicato a Leonardo da Vinci: nessun altro razzo al mondo, da quei tempi primordiali alle recenti e attuali epopee missilistiche statunitensi e sovietiche/russe, può contare sui primi 14 lanci coronati dal pieno successo, con decine di satelliti inchiodati in orbita con la precisione di un chirurgo e a costi assai competitivi.

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Competitivi anche rispetto ai veterani ed ipereconomici razzi russi Soyuz e ai vettori delle nuove potenze spaziali mondiali quali India, Giappone e Cina nonché di illuminati magnati come Elen Musk (Tesla e SpaceX) e Jeff Besoz (Amazon e Blue Origin) che inseguono consistenti profitti e certa gloria in un mercato globale da mille miliardi di dollari in cui sale costantemente la richiesta di lanciatori di satelliti, senza i quali diventeremmo talpe smarrite. Senza satelliti le comunicazioni tornerebbero in gran parte ai tempi di Marconi, addio ai navigatori, alle trasmissioni tv intercontinentali, addio anche alla possibilità di avere previsioni meteo affidabili e di studiare i cambiamenti climatici.

Finalmente, allora: viene da rallegrarsi per l’iniziativa del museo milanese che si allinea così al Musée de l'Air et de l'Espace - Le Bourget di Parigi e alla Cité de l'Espace di Tolosa, che espongono lanciatori Ariane a grandezza naturale. E qui ci si ferma: in Europa altri posti per vedere missili in scala 1/1 non ce ne sono e sono rarissimi, e non sempre aperti al pubblico, quelli oltreoceano. Del resto le nazioni in grado di spedire autonomamente satelliti in orbita sono solo sette.


Ecco perché una meraviglia poter vedere Vega svettare di fianco al sottomarino Toti (lungo 46 metri), con l’ogiva sommitale (quella che ospita i preziosi satelliti) che si staglia all’orizzonte diviso con i nuovi grattacieli di Porta Nuova. Suggestivo il sistema di illuminazione con una rete di 26 proiettori Led che avvolgono dalla base Vega, il cui candore spicca già nelle notti milanesi.
 

 


Il razzo viene progettato, migliorato, potenziato e costruito per il 65% dall’Avio, quotata in Borsa dal 2017, a Colleferro, 80 chilometri a sud di Roma, in uno stabilimento fantascientifico che attira i migliori cervelli stranieri da affiancare agli 850 dipendenti di altissima professionalità di cui un terzo impegnati in attività di ricerca e sviluppo. Una miniera di innovazioni, di brevetti ideati per lo spazio ma che hanno ricadute (spin off) nella vita di tutti i giorni, di trovate geniali come la costruzione di leggerissimi motori (gli stadi) con milioni di chilometri di filo di carbonio: “bozzoli”, al posto di lamiere metalliche, che fanno pesare Vega solo 137 tonnellate per vincere - usando meno carburante dei concorrenti - la forza di gravita sfrecciando in orbita a 28.800 chilometri orari.

Il committente è l’Agenzia spaziale europea che ha delegato al coordinamento delle attività l’Agenzia spaziale italiana: a Colleferro l’Avio da sempre costruisce anche i booster (razzi ausiliari) e gli stadi del razzo Ariane, sempre dell’Esa, più grande di Vega e in grado di issare in orbita satelliti fino a 4,5 tonnellate di peso, tre volte il carico utili del razzo made in Italy che però dall’anno prossimo, con la versione Vega C, aumenterà il carico utile (payload) fino a 2.2 tonnellate offrendo anche la possibiltà di piazzare fino a 100 satelliti alla volta grazie a un “dispenser”. Uno strumento che di nuovo indica l’eccellenza della tecnologia italiana nel comparto spaziale in cui il tricolore sventola dal 1964, subito dopo le bandiere di Usa e Urss, ché nella corsa alle stelle l’Italia è da sempre in prima fila. Anche quando c’è bisogno di fare squadra, una strategia indispensabile per esplorare lo spazio: Vega somma al 65%  "Made in Italy", la Francia (12,43%), il Belgio (5,63%), la Spagna (5%), i Paesi Bassi (3,5%),  Svizzera (1,34%) e la Svezia (0,8%).

Epperò questo primato, che significa prestigio, sviluppo, occupazione qualificata e non quantificabile ma determinante fonte di ispirazione come tutte le imprese spaziali, non è che sia proprio così conosciuto in Italia, mentre lo è molto di più all'estero: ecco perché è importante che a ricordarlo ci sia qualcosa di  ben visibile come la copia di Vega al Museo, meta ogni anno di decine di migliaia di scolaresche già calamitate da una sezione “Spazio” all’avanguardia che sarà ancora potenziata. Anche l’astronauta Luca Parmitano ha scelto il museo milanese per la sua prima conference call della missione Beyond che sta continuando sulla stazione internazionale.

Garantito l’imprinting spaziale per tutti quei bambini che, piegando la testa all’indietro al cospetto del missile, resteranno stregati come capitò del resto allo stesso Gianni Agnelli negli anni 80: l’Avvocato, davanti ai primi progetti del razzo ideati dall’allora Fiat Avio, lo chiamò la “500 dei cieli” e si sa che cosa rappresenti la vetturetta nella storia d’Italia.

Felice anche la scelta di esporre una copia del primo Vega, quello che il 13 febbraio 2012 diede il via all’avventura portando in orbita il satellite ugualmente italiano Lares: mai, fino ad allora, nella storia della missilistica, si era affidato un costoso carico a un razzo al primo lancio destinato, dicono le statistiche, al fallimento nel 60% di casi. Macché, Vega è stato talmente affidabile fin dall’inizio da comporre subito e da mantenere uno spesso portafoglio di commesse richiamando anche colossi come Google.

Quel giorno di sette anni fa, in una radura della giungla amazzonica con vista ravvicinata della rampa di lancio dello spazioporto di Kourou, nella Guyana francese, venne spontaneo per il centinaio di tecnici dell’Avio cantare a squarciagola Fratelli d’Italia un’ora dopo dopo il decollo roboante del primo Vega, quando fu chiaro che il successo era stato raggiunto già in quel clamoroso debutto. Anni e anni di tensione e di sacrifici venivano ripagati da quella scia disegnata all’alba da Vega nel cielo e allora ci si poteva lasciare un po’ andare all’orgoglio in quell’enclave gallica guardata a vista dai soldati della Legione straniera in cui i formalmente alleati francesi sorridevano un po’ a denti stretti per quel trionfo di les italiens, gelosi com’erano e come sono del programma Ariane che da quel giorno avrebbe dovuto dividere i titoli con Vega.

IL REPORTAGE DA KOUROU
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Poi la striscia senza precedenti di 14 lanci senza un intoppo che hanno reso Vega il lanciasatelliti più sicuro della Storia. Un percorso netto interrotto l’11 luglio di quest’anno, quando la missione numero 15 è terminata in fondo all’Atlantico invece che in orbita. Era arrivata, quel giorno, la risposta alla domanda che ognuno si era sempre tenuto per sé: “Quando arriverà il primo fallimento di Vega, inevitabile secondo i banali calcoli delle probabilità, quello scontato da ogni impresa di questo tipo?”. Una commissione d’inchiesta indipendente ha poi individuato “un cedimento strutturale della parte anteriore del motore Zefiro 23 (il secondo stadio)”. E da allora a Colleferro hanno rifatto i calcoli mille e mille volte, studiato, riprogettato, migliorato questa e altre parti del vettore. Già il prossimo febbraio la 16a missione, perché nel frattempo altri clienti hanno bussato alla porta del razzo “made in Italy” e perché è già tracciato il sentiero verso Vega C e Vega E, fratelli maggiori del razzo sognato e voluto già negli anni Sessanta dai pionieri italiani dello spazio Carlo Buongiorno e Luigi Broglio.

(Video di Mino Ippoliti)


I tecnici di Avio nel 2012 a Kourou

L'INAGURAZIONE
L'iniziativa di Vega a Milano, in mostra al Museo dal 9 novembre, è frutto di un progetto promosso dall'Agenzia spaziale europea (Esa), in collaborazione con l'Agenzia spaziale italiana (Asi) e sviluppato da Avio spa con il contributo della regione Lombardia

«Abbiamo iniziato a pensare a questa operazione già dal febbraio 2012 (anno del suo volo inaugurale), perchè lo spazio è uno degli elementi fondamentali per il nostro museo», ha detto Fiorenzo Galli, il direttore del museo della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci" , che ha anche annunciato l'apertura entro ottobre 2020 di un nuovo laboratorio dedicato allo spazio.
«L’allestimento di Vega rappresenta anche un importante passaggio per la riqualificazione urbanistica delle aree esterne del Museo e delle zone limitrofe, per le quali ringraziamo il Comune di Milano».

«Molto soddisfatto di 'finire in un museo' Stefano Bianchi, responsabile per lo sviluppo dei sistemi di trasporto spaziale dell'Esa. «Con questo modello del suo primo lancio al Museo della scienza e della tecnica Vega entra a pieno titolo nella storia dei successi della scienza e della tecnologia italiana ed europea. La tradizione dello spazio nel nostro paese c'è fin dagli anni '60», ha detto, ricordando come il progetto di Vega sia stata «un'idea lungimirante perchè poi il mercato si è orientato verso i piccoli satelliti scientifici che lavorano in orbita bassa Il lanciatore Vega è oggi uno dei leader del mercato e tutte le nazioni oggi lo usano. Si prevede per i prossimi anni che saranno lanciati migliaia di piccoli satelliti».


E, come ha aggiunto Enrico Russo, direttore tecnico dell'Asi, «Vega è il fiore all'occhiello dell'industria spaziale italiana.

Solo nel nostro paese si riescono a costruire infatti stadi di propulsione di vettori in fibra di carbonio, dando una struttura leggera allo stadio che contiene il propellente. E anche il suo software di volo è interamente italiano». «Grazie al forte e costante impegno dell’Asi, che sin dalla fine degli anni ’90 ha sostenuto i relativi programmi di innovazione e sviluppo, l’industria italiana è stata in grado di realizzare un sistema di lancio complesso e adattabile alle diverse esigenze di lancio. Il successo del Vega dimostra chiaramente la capacità di sviluppare tecnologie all’avanguardia in diversi settori: dalla propulsione spaziale all’avionica, dalle strutture avanzate alla guida navigazione e controllo. Ed è importante sottolineare che questo traguardo ossia fornire un vettore “chiavi in mano” e tutti i suoi supporti, è oggi appannaggio di meno di dieci nazioni al mondo. Sembrerà uno slogan ma è realtà: Vega è l’Italia che vale».

Fabrizio Sala, Vicepresidente e Assessore per la Ricerca, Innovazione, Università della Regione Lombardia:
«La Lombardia ha un ruolo preminente nel settore dell’aerospazio con 220 imprese con oltre 16 mila addetti e un fatturato complessivo che si aggira sui 6 miliardi di euro. Lavoriamo con il cluster tecnologico Aerospazio per aprire nuovi percorsi e mercati strategici internazionali dove promuovere le piccole medie imprese lombarde. Regione Lombardia ha inoltre aderito al Programma Multiregionale Space Economy che definisce le linee di intervento nazionali nel settore, risultato di un lavoro di squadra con le altre Regioni e gli stakeholder del territorio. Il settore aerospazio in Lombardia è fondamentale anche perché lavora in filiera e permette alle moltissime piccole aziende di operare e di generare crescita e sviluppo».


AVIO
«Il razzo Vega è pronto a ripartire a fine marzo 2020» ha detto a Milano l'amministratore delegato di Avio, Giulio Ranzo. La data del lancio è stata definita una volta appurate le cause che nel luglio scorso avevano portato al fallimento del 15° lancio. «Tutte le attività di indagine si sono concluse - ha detto ancora Ranzo - e così le attività correttive. Dalla metà dello scorso settembre si è iniziato ad applicarle. Le componenti che verranno impiegate nel prossimo volo sono state prodotte e in fase di assemblaggio». Il piano, ha proseguito, è di «farle trasportare a inizio anno in modo da volare per la fine del mese di marzo». Per quanto riguarda invece il nuovo lanciatore Vega C, si prevede di farlo volare entro il primo semestre del prossimo anno «perché adesso c'è un po' di congestione dei voli commerciali. In ogni caso ci stiamo preparando».

Avio, quotata al segmento Star della Borsa di Milano,  ha chiuso i primi nove mesi 2019 con ricavi netti per 270,3 milioni di euro, in crescita del 3% rispetto al pari periodo del 2018. Ad alimentare il trend hanno contribuito le attività di sviluppo del lanciatore Vega e del nuovo motore P120C, comune ai vettori spaziali Ariane 6 e Vega C di prossima generazione.


 

Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 20:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA