Il clamoroso ritardo di 36' nell'inizio della finale di Champions League allo Stade de France è stato causato da assembramenti di tifosi del Liverpool che non erano riusciti ad entrare e premevano sui cancelli protestando e gridando le loro ragioni.
La situazione più caotica si è creata verso gli ingressi a sud-est dello stadio, quello contrassegnato dalla lettera Y non è stato aperto neppure dopo lo sblocco di tutti gli altri. Lo sciopero della metropolitana, che è stato una delle cause del ritardo degli inglesi, era stato dichiarato da giorni, ma in mattinata le autorità dei trasporti avevano assicurato che in serata 3 treni su 4 avrebbero funzionato. La realtà - a circa 3 ore dall'inizio del match - era che i treni erano strapieni, spesso in difficoltà nel ripartire perché le porte non si riuscivano a chiudere. I timori della prefettura erano legati anche al previsto afflusso di decine di migliaia di tifosi, soprattutto inglesi, privi di biglietto. Alle stazioni delle due metropolitane per lo stadio, a 2 ore dall'inizio, c'era un mare di tifosi dei Reds, molti con la birra in mano, altri sdraiati sull'erba, in gran parte in attesa di amici o familiari che si erano smarriti durante la giornata o erano in ritardo con la metro. Così alla fine ci è andato di mezzo anche chi non aveva nulla a che vedere con i teppisti, come il fratello di Joel Matip del Liverpool, Marvin, che avrebbe semplicemente voluto assistere alla partita assieme alla sua famiglia. «Ma a un certo punto - ha raccontato a Sky Deutschland - la polizia ha perso il controllo della situazione e ha cominciato a sparare gas urticanti sulla folla, famiglie comprese. L'organizzazione è stata indegna per una finale di Champions». Così Marvin Matip è stato costretto a fuggire e a rifugiarsi in un ristorante vicino allo stadio, insieme alla moglie incinta. Intanto le cariche continuavano.