Il Messico, l'amore e Giotto. Opere e fotografie di Frida Kahlo e Diego Rivera in mostra a Padova

Martedì 14 Febbraio 2023 di Silvia Moranduzzo
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PADOVA - «Ho subito due gravi incidenti nella mia vita. Il primo è stato quando un tram mi ha travolto, e il secondo è stato Diego Rivera». La citazione di Frida Kahlo che si trova alla fine del percorso espositivo è emblematica del rapporto tra i due artisti. Un sentimento che travalica la normale concezione dell'amore. Una sinergia romantica e professionale che viene messa in mostra al Centro culturale San Gaetano di Padova.

Aperta da oggi, 14 febbraio, si potrà visitare fino al 4 giugno e la città del Santo sarà l'unica tappa italiana di un tour mondiale che terminerà in Messico, patria dei due artisti.

Promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune, la mostra è organizzata dalla Vergel Foundation, MondoMostre e Skira, in collaborazione con l'Instituto Nacional de Bellas Artes y Literatura, con la curatela di Daniela Ferretti. Il nucleo fondamentale delle opere giunge dalla collezione statunitense di Jacques e Natasha Gelman: i due si fecero ritrarre da Kahlo e Rivera. Accanto alla grande pittura (23 opere di Kahlo e 9 di Rivera) ad essere proposta è anche la fotografia.

È il Messico iconico, forte, vivo quello che emerge in questa mostra che si articola in più sale poco illuminate. Non solo, perché si è scoperto che Rivera è stato influenzato dalla pittura di Giotto. «Rivera viaggiò 14 anni in giro per l’Europa, in Francia, in Spagna, e ovviamente in Italia dove si confrontò con i grandi maestri - spiega l'assessore alla Cultura, Andrea Colasio - Eravamo in dubbio se fosse venuto a Padova: in realtà abbiamo trovato un disegno che lui fece della Cappella Ovetari alla chiesa degli Eremitani, scrivendo a fianco un testo in francese, nel 1921, e sicuramente lui entrò nella Cappella degli Scrovegni. Lo si capisce bene anche guardando la sua opera intitolata “La morte del peone” e confrontandola con la deposizione di Cristo dipinta da Giotto in Cappella. Ma c’è di più. Quando lui arriva in Europa, lui non è un muralista, è solo dopo il confronto con i cicli parietali affrescati, in Cappella degli Scrovegni, del 14° secolo e successivi, che lui tornando in Messico, con la medesima filosofia etico – poetica inizia a raccontare la rivoluzione. Pensate cos’è l’opera giottesca, è un racconto per il popolo con funzioni didattiche, e cos’è se non questo il muralismo in Messico? Ma c’è un altro circuito incredibile, nel 1933 Sironi scrive il Manifesto del Muralismo, lo firmano anche Campigli e Carrà, e proprio Campigli nel 1939 fa l’operazione degli affreschi al Liviano. C’è un’assonanza incredibile con il murale di San Francisco realizzato da Rivera. Anche qui la storia, come fondamento della legittimazione di un nuovo potere, un nuovo potere in Messico, cioè la rivoluzione, un nuovo potere in Italia, il fascismo. È evidente la diversa intenzionalità politica, ma lo strumento è lo stesso, le grandi opere murali. È affascinante perchè in qualche modo Diego Rivera è tornato a Padova dove ha lasciato tracce importanti che ci riportano ancora a Padova in un viaggio di andata e ritorno: Rivera-Giotto, Rivera-Mantegna, Rivera-Campigli, una storia incredibile che si interseca con il corpo di Frida Kahlo, che con il suo corpo frantumato è come una sacerdotessa amata dai messicani».

Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 07:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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