Vigilia dell'assemblea verso la spa,
pesa l'allargamento dell'inchiesta

Giovedì 3 Marzo 2016
Il vertice PopVi: il dg Iorio e il presidente Dolcetta

VICENZA - Almeno 10 mila persone attese alla maxi assemblea della Popolare di Vicenza, nei grandi capannoni di Gambellara (proprio nel Comune che è il feudo imprenditoriale di Zonin..) già utilizzati in passato. E la giornata campale, sabato, si prevede, dopo l'apertura alle 9, che possa concludersi in tarda serata. La sicurezza sarà garantita da almeno 50 agenti e carabinieri di Vicenza cui si aggiungeranno altre 60 persone dal battaglione di Mestre e dal reparto Mobile di Padova. Ci saranno artificieri, unità cinofile e metal detector sia della polizia che della banca. La società autostrade Brescia-Padova è stata invitata a mettere personale ai caselli di Montecchio, Montebello e Soave al posto delle casse automatiche per sveltire le operazioni di pagamento. La vigilanza partirà dai parcheggi dove i soci lasceranno le auto per salire su bus navetta che li porteranno alla sede dell'assemblea. Qui si svolgerà il filtraggio - ammessi solo i soci - e ci si potrà iscrivere a parlare (interventi di 3 minuti al massimo). La vigilanza riguarderà anche la sede delle cantine Zonin e la casa dell'ex presidente.

E nelle ultime il clima si è surriscaldato perché è deflagrata la "bomba" dell'allargamento dell'inchiesta della magistratura. L’iscrizione nero su bianco nel registro degli indagati ancora non c’è, ai piani alti del palazzo di giustizia di Vicenza. E neppure dalla sede del Nucleo di Polizia Tributaria, in contrà San Tomaso, sono partite le notifiche di nuovi atti giudiziari ai possibili inquisiti "in più": Ma il reato di associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di truffe ai danni di clienti, è già qualcosa di più di una semplice ipotesi. È una convinzione maturata in questi mesi dal lavoro condotto dal procuratore della Repubblica Antonino Cappelleri, e dai pm Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi. Erano partiti, a settembre, contestando ai vertici della Popolare l’aggiotaggio e l’ostacolo all’autorità di vigilanza, dopo il crollo del valore delle azioni e la scoperta dell’esistenza di un piano di autofinanziamento non iscritto come tale nei bilanci. Ma da allora di acqua ne è passata sotto i ponti sul Bacchiglione.

È il procuratore ad accendere la miccia. All’interno della Popolare avrebbe operato una specie di banca parallela, «deviata», o perlomeno una catena di uffici che aveva una mission precisa: rastrellare denaro dal mercato, per salvare la banca. In che modo? Vendendo quote ai clienti, magari con la sottoscrizione di impegni al riacquisto. Il magistrato ammette che l’inchiesta ha imboccato una pista che intende ricostruire la catena di comando, dai vertici della Popolare ai direttori delle filiali, che ideò e mise in atto il piano di rastrellamento, premessa per consistenti aumenti di capitale. Un castello che ebbe il suo culmine nella valutazione delle azioni a 62,5 euro, crollate ora a 6 euro e 30 centesimi. Non ci sono «fatti nuovi», salvo l’aumento delle denunce per truffa dei risparmiatori, che ha indotto il capo della Procura a chiedere a Venezia il distacco di un altro pm, proveniente dalla Distrettuale, per esaminare caso per caso.

«Ci troviamo di fronte a un’organizzazione strutturata, la banca, all'interno della quale - spiega il procuratore - alcune persone avrebbero operato, con una struttura gerarchica e ben organizzata, per mettere a segno un numero indefinito di reati». Ovvero le truffe. Almeno 500 sono le denunce già presentate a Vicenza. Un centinaio a Udine, qualche centinaio a Prato. Sono queste le tre città che hanno aperto fascicoli. A Vicenza sono indagati l'ex presidente Gianni Zonin, l'ex direttore generale Samuele Sorato, gli ex vicedirettori generali Emanuele Giustini e Andrea Piazzetta, i due consiglieri di amministrazione Giovanna Dossena e Giuseppe Zigliotto, presidente di Confindustria Vicenza. A Prato gli indagati sono 7. Ma Vicenza non intende sollevare conflitti di competenze.

«Le difese non hanno avuto alcuna comunicazione di nuovi reati. Qualora si verificasse, la contestazione dell’associazione per delinquere sarebbe frutto di una ricostruzione dei fatti completamente infondata» dice l’avvocato padovano Fabio Pinelli che difende l’ex direttore generale Samuele Sorato, il quale si palleggia con l’ex presidente Gianni Zonin e i manager della Popolare di Vicenza le responsabilità degli aumenti di capitale finanziati dalla banca stessa, anche attraverso vendite di azioni ai clienti. Il sospetto è che i funzionari possano aver messo in atto pressioni, su indicazione dei vertici. Ma l’avvocato respinge l’ipotesi di un reato associativo: «Può reggere per gruppi di criminali che commettono rapine o sequestri di persone. Non per persone che svolgono attività lecite, come la gestione di una banca».

E ora l'assemblea che dovrà approvare la trasformazione in spa, l’ingresso in Borsa e un aumento di capitale ultramiliardiario. Spulciando nei numeri, nel 2015 sono cresciuti del 9% i compensi per i vertici della Popolare di Vicenza, mentre i 119 mila soci della banca aspettano di sapere di quanto crollerà il valore dei loro titoli.

Nel corso dello scorso esercizio, emerge dal bilancio, la Bpvi ha pagato a consiglieri, sindaci e componenti della direzione generale 16,7 milioni di euro a fronte degli 11 milioni corrisposti nel 2014 (+52%). A spingere i compensi sono stati i 4,8 milioni di indennità corrisposte per fine del rapporto di lavoro, costi legati alle buonuscite riservate ai manager che hanno lasciato la banca.

Ultimo aggiornamento: 19:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA