PopVi e Veneto Banca, Unicredit
si sfila: Renzi prepara paracadute

Mercoledì 6 Aprile 2016 di Rosario Dimito
PopVi e Veneto Banca, Unicredit si sfila: Renzi prepara paracadute
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Governo e Bankitalia in pressing, anche per conto della Bce, per mettere al sicuro gli aumenti di capitale di Popolare di Vicenza e Veneto Banca, indispensabili per riportare sopra il livello di guardia gli indici patrimoniali dei due istituti, scongiurando il rischio temuto da tutti: il ricorso al primo bail-in italiano (in estrema sintesi, il "salvataggio interno" che può toccare anche il denaro sui depositi) che potrebbe dare un colpo di grazia al mercato e costituire un effetto domino. Il passo indietro di Unicredit dalla garanzia sulla ricapitalizzazione della Vicenza per 1,75 miliardi sta mettendo in allerta governo e Autorità. A Palazzo Chigi è stato convocato un maxi vertice. Matteo Renzi ha aperto i lavori e ha passato la palla a Piercarlo Padoan. Erano presenti anche Ignazio Visco, Claudio Costamagna e Fabio Gallia (presidente e ad di Cdp), Federico Ghizzoni (Unicredit), Carlo Messina (Intesa Sanpaolo), Giuseppe Guzzetti (Acri). E c'erano inoltre Victor Massiah (Ubi) e Alberto Nagel (Mediobanca). I tempi per confezionare soluzioni alternative sono strettissimi. Il 30 aprile scade la garanzia di Unicredit, quindi tutte le alternative, tipo veicolo per trasferire le sofferenze, fondo di investimento per sottoscrivere gli aumenti, appaiono teorici e attuabili in un periodo molto più lungo. Bce chiede che la Vicenza alzi il cet1 dal 6,94% al 10,25% entro fine mese. Comunque l'iniziativa del governo riguarda il capitale delle banche e le sofferenze: non solo le due venete ma anche altre come Mps e Carige. A questo proposito è del tutto infondata la voce secondo la quale Bce voglia mettere un termine per la vendita di npl.

Per Ghizzoni, Unicredit è pronto a sfilarsi dalla garanzia su Vicenza: la decisione potrebbe essere presa dal cda di venerdì, dopo che la scorsa settimana, i comitati interni avrebbero condiviso questo orientamento. Dal canto suo Intesa Sp mantiene l'impegno di garantire la ricapitalizzazione di Veneto Banca da 1 miliardo ma non di partecipare a una cintura di salvataggio di sistema sulla banca vicentina. La posizione di Messina avrebbe spiazzato i presenti: «Ognuno si fa la sua operazione, non possiamo accollarci altri impegni». A vuoto sarebbero andati i tentativi di dissuaderlo: il banchiere non intende venir meno all'impegno di distribuire ai soci dividendi in crescita rispetto ai 2,4 miliardi assegnati nell'esercizio 2015. L'indisponibilità a un sostegno straordinario da parte della prima banca italiana fa sì che anche le altre istituzioni coinvolte nicchino: Massiah, Nagel che ha fatto un ragionamento di traverso, mentre Guzzetti ha ripetuto che i casi difficili vanno risolti presto.

Quanto a Cdp la sua adesione dovrebbe essere dello stesso tipo di quella del prestito da 1,65 miliardi accordato da Intesa, Unicredit, Ubi, Mps e Banco Popolare per favorire la risoluzione delle quattro banche salvate: garanzia sul rimborso. Sullo sfondo c'è la volatilità della Borsa a preoccupare, come dimostra il martedì nero di Piazza Affari che ha perso il 3% a causa del calo del petrolio, ma soprattutto per il cattivo umore sulle banche che da inizio anno hanno visto andare in fumo 39 miliardi di valore. L'obiettivo del governo sarebbe di costituire una cintura di sicurezza innanzitutto attorno alla Vicenza, il cui rafforzamento dovrebbe partire per primo (lunedì 18) ed evitare che l'eventuale default contagi le altre banche. Unicredit è l'istituto che ha garantito a fermo l'operazione ma, secondo quanto filtra, il contratto avrebbe clausole precise che vanno oltre la tipica ”mac” (material adverse change), clausola che permette di sfilarsi in caso di condizioni avverse di mercato. In parallelo c'è il faro acceso dalla Consob sul prospetto. Tra i rischi connessi, ci sarebbe la redditività. E proprio l'andamento della banca farebbe parte di una delle clausole che Unicredit vorrebbe impugnare per tirarsi fuori. 
 
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