I segreti della pasta di Daniele Pinton: «Siamo la tradizione veneta»

Lunedì 8 Luglio 2019 di Edoardo Pittalis
I segreti della pasta di Daniele Pinton: «Siamo la tradizione veneta»
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Di fronte alla scrivania ha una grande carta geografica di Lampedusa, con tutti gli approdi. C'è sbarcato più volte negli anni passati: «È la mia preferita, il mare è come ai Caraibi, forse anche meglio, perché è rimasta selvaggia, come Linosa. E amo Filicudi e Alicudi, dove il tempo s'è fermato e ti sembra di vivere con i ritmi di 50 anni fa, di quand'ero bambino». Le isole italiane le ha visitate tutte, ha incominciato con un canotto di 7 metri da Chioggia alle coste croate. Daniele Pinton, 54 anni, vicentino, sogna di avere più tempo per viaggiare in mare; intanto fa pasta fresca a Costabissara. Dalla Pinton escono ogni giorno 100 quintali di pasta: 11 tipi; esportazioni nella Repubblica Ceca, in Polonia, in Francia e in Germania. L'azienda che ha un fatturato di 3 milioni di euro, è nata nel 1955 in centro a Vicenza, dal 1990 si è trasferita nell'hinterland. L'ha fondata Carlo Pinton che l'ha lasciata ai figli Ernesto  e Daniele che adesso è al comando. La terza generazione è già al lavoro.

Come inizia la storia dei Pinton?
«Con papà Carlo che era un rappresentante della Invernizzi e conosceva il mondo degli alimentari. Un cliente gli parlò dei tortellini buoni mangiati a Bologna, lui rispose lanciando una sfida: Te li faccio io. Coinvolse mia madre Milana che era sarta e in una notte fecero i tortellini così buoni che il cliente ne ordinò molti chili. Ma farli a mano richiedeva molto tempo, così quando alla Fiera di Milano vide una macchina per tortellini, ne faceva uno alla volta, la prese subito. Firmò non so quante cambiali e portò il macchinario a casa. Ma non ci stavano più nella vecchia abitazione, così prese una casa a Vicenza nel centro storico, a San Rocco, e fece un capannone nel giardino. All'inizio andavano forte i tortellini, poi ha iniziato con la pasta liscia, con gli spaghetti e i bigoli che adesso sono il nostro prodotto di punta. Il problema allora era conservare il prodotto, al massimo entro cinque giorni dovevi vendere tutto e poteva non bastare fare capillarmente tutti i punti vendita. Con l'avvento della tecnologia e i primi pastorizzatori avevi un margine di 20 giorni che ha portato all'allungamento di 60 giorni che è la media attuale».
Cosa distingue la pasta fresca?
«Ha una pasta molto gialla, oltre un quinto è fatto di uova, e tiene bene la cottura. Conta molto l'affidabilità, dopo quasi 65 anni la storia è importante. I più richiesti sono i bigoli, seguiti da rigatoni e tagliatelle. Specie nel Triveneto la pasta fresca è il piatto della domenica, i bigoli sono la festa, sono caratteristici di Vicenza, Padova, Colli Euganei. Per esempio, su Belluno non si vende tanta pasta fresca, non hanno la consuetudine. Nel Veneziano vanno più le fettuccine, anche se i bigoli in salsa sono una ricetta tradizionale. Bigoli anche nel Polesine. La pasta è la cosa più importante della nostra cucina. Noi lavoriamo molto per le feste e le sagre, da otto anni facciamo un prodotto per una festa in provincia, a Creazzo, la festa del Broccolo fioraro, quello che Michelle Obama ha piantato nell'orto della Casa Bianca. Siamo con i nostri prodotti su tutte le tavole delle sagre paesane. Abbiamo clienti speciali: uno di Salerno ci ordina un bancale di bigoli alla volta, ha nel menu i bigoli vicentini; un altro è a Malta, sempre per i bigoli. Nel Veneto siamo tra i più vecchi, certo la concorrenza è fortissima: da Giovanni Rana, partito poco dopo di noi Molti hanno ceduto strada facendo».
La vostra azienda funziona in maniera familiare dal 1955
«Siamo quattro figli, tra mio fratello più grande e me c'è quasi la differenza di una generazione. Papà Carlo era nato nel 1925. Dal 1955 al 1968 aveva aperto un nostro negozio a Jesolo nel solo periodo estivo. Era molto conosciuto a Vicenza, ancora oggi mi chiedono se sono il nipote di Carlo: No, sono il figlio, rispondo. E' morto a 63 anni di leucemia. La colonna dell'azienda era mia madre Milena che è andata avanti aspettando che mio fratello Ernesto e io fossimo in grado di subentrare. Mia sorella Cinzia che insegna musica si è diplomata in pianoforte al Conservatorio. La mia infanzia è stata casa e bottega: dopo la scuola tutto il tempo libero dovevi passarlo a lavorare, i giochi non esistevamo. A Vicenza il negozio era sotto e l'abitazione sopra. È sempre stata un'azienda a conduzione familiare, a pranzo sedevano a tavola la famiglia e i dipendenti. Il negozio era in centro città, dentro le mura, confezionavamo tutto a mano e si vendeva al minuto. È rimasta la vetrina. Ci siamo trasferiti nel 1990, in quella parte di Vicenza i camion non potevano arrivare, non c'erano parcheggi o spazi per le manovre, anche se caricavano di notte si creavano ogni volta difficoltà enormi».
Che problemi comporta fare la pasta a livello artigianale?
«Il problema non è farla, è venderla a prezzi giusti. Se vuoi qualità devi avere un prezzo adeguato. Le uova, per esempio, negli ultimi anni hanno avuto uno sbalzo di prezzo del 100%! Gli allevamenti sono stati rifatti secondo le nuove leggi, entro il prossimo anno noi faremo tutto con uova di galline allevate a terra. Questo ha creato problemi di produzione, molte aziende si sono trovate davanti alla necessità di ammortizzare i costi delle gabbie già fatte e inutili. Si aggiunga che adesso si devono usare materiali riciclabili nelle confezioni e questo comporterà ancora aumento di prezzo. Poi devi vedertela con la grande distribuzione che chiede sempre extra-sconti per le offerte. Comandano loro, ma qualcosa si sta muovendo: ci sono gruppi che incominciano a lavorare sulla qualità e quindi anche sulla rivalutazione del prezzo. Certo se non ci fosse la grande distribuzione faresti fatica vendere Non ci lamentiamo per le leggi europee e italiane, servono a noi e al consumatore. I controlli veterinari, per esempio, sono sempre più efficienti».
Come è oggi il mercato della pasta?
«Mangiamo sempre pasta. Quella all'uovo è stagionale, il lavoro più grande è da settembre ai primi mesi caldi. Quest'anno siamo stati favoriti dal tempo, con i primi caldi questo tipo di consumo cala, l'alimentazione cambia, si passa ai piatti freddi. Ma gli italiani, per nostra fortuna, continuano a mangiare la pasta. E all'estero amano sempre di più la nostra pasta, così si allarga il mercato e aumentano le richieste».
Come immagina il suo futuro?
«Un futuro da contadino: oltre a quella del mare, sento la passione per la terra, la stessa che aveva mio padre. Mi piacerebbero un frutteto e una vigna che produces
se un bel vino rosso importante».
Edoardo Pittalis
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Ultimo aggiornamento: 9 Luglio, 20:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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