VICENZA - «Ricordo quella sera che feci una pastasciutta per gli studenti di Lipsia venuti a suonare in città perché ci eravamo dimenticati di prenotare la cena dell'arrivo». Sono molti gli aneddoti che affollano la mente di Cecilia Fabris. Dopo 34 anni di lavoro, l'anima dell'ufficio di produzione del conservatorio di Vicenza è andata in pensione.
Lo ha fatto qualche giorno fa nella storica sede dell'istituto, in contra' San Domenico, in occasione di una festa in grande stile, con canti, balli rinascimentali e naturalmente tanta musica. Musica che ha scandito l'attività di Cecilia, la quale nel corso del tempo ha “plasmato” il Pedrollo trasformandolo in un centro di ricerca e produzione con concerti, opere e scambi internazionali. «La mia passione è nata in casa - racconta - Papà suonava il clarinetto alla Marzotto e ci svegliava la domenica mattina. Dirigeva la Cantoria e quando passò la bacchetta a Piergiorgio Righele avevo 9 anni e cominciai a cantare. Rimasi nei Cantori di Santomio fino ai 18».
Quando è stata assunta, puntualizza, «si usava la macchina da scrivere a testina rotante e le copie si facevano con la carta carbone». Tra gli episodi che hanno contraddistinto la carriera, spicca quello che ha per protagonisti alcuni giovani musicisti di Gerusalemme, a cui Cecilia ha dato ospitalità. «Mi dicevo che un figlio in più in casa non cambiava - spiega - Penso poi all'entusiasmo di don Gastone, parroco di Campodoro, ogni volta che si andava a fare l'anteprima nella sua chiesa». E ora? «Continuerò a coltivare i miei interessi con tranquillità - risponde decisa - considerato che non dovrò più timbrare alle otto».
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