Masello a valanga: «Alla fondazione tante risorse ma pochi risultati»

Giovedì 16 Marzo 2017 di Federica Cappellato
Franco Masello, fondatore della Città della Speranza
PADOVA - Tante risorse a disposizione, ma pochi risultati. Un bilancio amaro per la Città della Speranza, uno schiaffo che arriva da chi, ventitrè anni fa, diede un contributo fondamentale alla nascita di quello che doveva essere il fiore all'occhiello della ricerca medica. «In questi anni la Fondazione Città della Speranza ha dato oltre 25 milioni di euro alla ricerca, però i risultati non sono stati fantastici: noi non dobbiamo dare da lavorare a ricercatori a tempo indeterminato ma finché producono risultati. Se non li ottengono, facciano altre cose. Nella realtà invece si è consolidato il meccanismo per cui un ricercatore, indipendentemente dalle sue capacità, rimane tale a vita».

È duro, sferzante Franco Masello, l'imprenditore di Malo che ventitrè anni fa, choccato dalla morte del nipotino Massimo stroncato da leucemia, decise di non rimanere alla finestra e di sporcarsi le mani in prima persona, lui che era capo della Deroma, colosso nella produzione di vasi e laterizi, nel tentativo di regalare ai bambini colpiti da tumore quel bene preziosissimo che si chiama speranza di vivere. Lo fece mettendo nero su bianco con 13 amici facoltosi la Fondazione Città della Speranza, la cui mission era ed è quella di disegnare nuove frontiere di ricerca, quindi di diagnosi e cura per l'infanzia colpita da tumori, linfomi, mielomi.

Un magistrale sforzo culminato nel 2012 nella costruzione della Torre della ricerca pediatrica, nella zona industriale di Padova. Con i suoi 17.500 mq il grattacielo, firmato dall'archistar Paolo Portoghesi, è il più grande centro di studio sulle malattie infantili d'Europa in un brulicare di oltre trecento ricercatori. Ma il bilancio è deludente. Masello - non solo padre fondatore ma per due lustri presidente della Fondazione, prima che il testimone passasse ad Andrea Camporese e Stefania Fochesato, quindi tornasse nuovamente nelle sue mani due anni or sono e fino alla prossima approvazione del bilancio 2017 - punta il dito sulla Fondazione Irp, Istituto di ricerca pediatrica, emanazione della Fondazione Città della Speranza che ci mise 100mila euro di capitale unico, e da lui osteggiata perchè «ha finito per imbrigliarci». «Nei molteplici consigli di amministrazione, non una volta che si sia parlato di ricerca e risultati scientifici, ma solo di burocrazia: e poi, siccome l'Irp è partecipato da enti pubblici come Università e Azienda ospedaliera, non gli è concesso avere linee finanziarie».

Fino a ottobre scorso l'Irp era gestito dal direttore generale Stefano Bellon, medico di famiglia, che nella Città della Speranza ci ha sempre messo faccia e fatica, pur non essendo mai stato socio, tantomeno fondatore. Quattro mesi fa le dimissioni perché, parole di Bellon, «il percorso intrapreso e le relative modalità di attuazione non trovano più la mia partecipazione e condivisione». Chiosa Masello: «Sia chiaro, a Bellon siamo molto riconoscenti per la lunga collaborazione, ma negli ultimi anni la ricerca è stata gestita amorevolmente da lui, che ha creato occupazione per ricercatori ma non ricerca di qualità. Io dico invece: rimarrà ricercatore chi farà cose importanti, avrà successo, altrimenti è giusto che svolga un altro lavoro. Per questo abbiamo cambiato lo statuto, la torre non avrà più un dg ma un amministratore delegato che abbia finalmente le competenze per gestire managerialmente un istituto di ricerca come avviene in tutte le parti del mondo, più un direttore scientifico».

E attacca: «Per finanziare la ricerca, al di là delle donazioni di buon cuore, servono motivazioni concrete. Ovunque gli imprenditori investono in fondazioni senza scopo di lucro e se la ricerca produce risultati gli imprenditori vi possono a loro volta investire. Al dg questa visione non era mai piaciuta. Dirò di più: è mancato un leader capace di mettersi al livello della gente, partecipando a sagre, organizzando banchetti di piazza per raccogliere fondi». Insomma ne ha sofferto la coordinazione negli aiuti dal basso. Un aspetto, soprattutto, a Masello non va giù: «L'Irp aveva l'usufrutto degli spazi della torre, di proprietà però della Fondazione Città della Speranza, cosa assurda perchè siamo noi a pagare un mutuo di 12 milioni. Dopo le dimissione di Bellon ci siamo riappropriati di quello che era nostro. La Città della Speranza non può essere presa a scudo per le proprie ambizioni, io politica non ne ho mai fatta e non ho bisogno di essere presidente, per fare il volontario».
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