Magliano, la Maremma magica alle radici della storia

Mercoledì 23 Settembre 2020 di Valeria Arnaldi
Il borgo di Magliano in Toscana
Il tronco contorto, segnato dal vento, dal sole, dal tempo. Morto,nel suo lato più antico, a nord, ma ben vivo da quello opposto, dove si fa “base” per un nuovo albero che si presenta, di fatto, come la sua prosecuzione,simbolo di rinascita,metafora del perenne divenire, monumento al “miracolo” - e forse incanto - della natura di rigenerarsi. Documentato dal 1800, l’Olivo della Strega, adiacente la chiesa romanica della Santissima Annunziata, a sud di Magliano in Toscana, in provincia di Grosseto, porta in realtà i segni di secoli di storia: usando il metodo del carbonio attivo, gli esperti hanno stimato circa 3000, 3500 anni di vita, riconoscendolo così tra gli alberi più vecchi d’Italia e non solo. Era qui nel Medioevo,quando, secondo i racconti,vi si tenevano riti sabbatici. E ancora prima, all’interno di un bosco, all’epoca degli etruschi. Le sue origini sarebbero più remote perfino degli olivi dell’orto di Getsemani. È proprio da quest’albero, crocevia di tradizioni e narrazioni, che prende il via il cammino alla scoperta di Magliano in Toscana, in un viaggio nello spazio che si fa pure ideale percorso nel passato. Qui sono giunti - o da qui sono partiti - molti antichi viaggiatori. «Magliano è un villaggio senza locanda, di trecento anime, ai piedi di un castello medievale in pittoresca rovina», scriveva nel 1844 George Dennis, esploratore ed etruscologo, in viaggio in Maremma. Lontano dalla mondanità delle vicine località dell’Argentario, lo scenario non pare molto mutato da allora. È questione di paesaggio, colori, sentori. E di atmosfere, consuetudini, suggestioni. Magia. Se ne fa emblema l’albero, sui cui rami, fino alla prima metà del Novecento, secondo tradizione - e superstizione - era possibile vedere il volto di una strega.

ILMANUFATTO
La “certifica” il cosiddetto Disco di Magliano, manufatto etrusco, rinvenuto nella zona nel 1882 - oggi è al museo Archeologico di Firenze - sulla cui superficie, con andamento spiraleggiante, sono incise circa settanta parole, formula riconducibile a sacrifici a divinità celesti e degli inferi. Il reperto ha giocato un ruolo fondamentale nell’interpretazione della lingua etrusca. Alla suggestione delle tracce di riti remoti si aggiunge l’incanto del luogo, tra entroterra e mare. Il borgo è circondato da una cinta muraria edificata tra tardo Medioevo e Rinascimento, originariamente innalzata attorno a una rocca dell’anno Mille - oggi ne rimane solo la memoria - costruita dagli Aldobrandeschi, conti del Sacro Romano Impero, vicari Imperiali,
che dominarono la zona dal medioevo fino al Trecento, quando passò sotto il controllo senese e, poi a metà Cinquecento, sotto quello dei Medici, come parte del Granducato di Toscana. Intervallate da nove torri - due a base quadrata, medievali, sei semicircolari,di impronta rinascimentale - e da tre porte, le mura conservano, nella parte sud-orientale, i resti della primissima costruzione. Vicino a Porta San Giovanni, su uno dei tratti più antichi, si può vedere lo stemma degli Aldbrandeschi.
Superata la cinta muraria, si giunge al palazzo del Podestà, o dei Priori, costruito nel 1425, come abitazione del capitano del popolo Pietro Salimbeni Benassai. Addentrandosi nelle vie del borgo, tra scorci che sembrano sospesi nel tempo, a conquistare lo sguardo è Palazzo di Checco il Bello, antica residenza dei Monaldeschi di Orvieto dove soggiornarono pure gli Aldobrandeschi, costruita secondo lo stile gotico senese. “Il Bello” però è denominazione più recente, da ricondurre a Francesco Salvi, vissuto a inizi Novecento, celebre per la sua avvenenza, appunto, e in generale per le sue molte conquiste amorose. Da visitare, anche il vicino Centro di documentazione archeologica di Magliano in Toscana. Numerose le aree archeologiche del territorio, dalla Necropoli del Sassone, vicina all’abitato, a Tomba Sant’Andrea, lungo la strada provinciale - una ricostruzione è tra i tesori del Centro - fino alla Necropoli di Santa Maria in Borraccia. E il passato è “presente” in più luoghi. L’edificazione della chiesa del monastero di San Bruzio - oggi ne rimangono i resti - lungo la strada per Sant’Andrea è iniziata intorno al Mille e terminata nel XII secolo.
Ha origini medievali la torre di Cala di Forno, lungo la fascia costiera del Comune, su un promontorio dei monti dell’Uccellina, ricostruita nel Cinquecento per volere dei Medici. Sono stati gli Aldobrandeschi, invece, nel XII secolo, a far edificare la Torre Bassa,parte integrante del perduto Castello di Collecchio, all’interno del Parco naturale della Maremma, dominante rispetto alla Torre della Bella Marsilia.

LA BELLA MARSILIA
Le ragioni del nome si confondono tra accadimento storico e narrazione.“Bella Marsilia”era il nome con cui veniva indicata Margherita, appartenente alla nobile famiglia senese dei Marsili, che sarebbe stata rapita da Barbarossa il 22 aprile 1543 e poi, secondo le narrazioni, sarebbe entrata nell’harem del sultano Solimano il Magnifico, diventandone la favorita e riuscendo a “indirizzare” la sua politica. Magliano in Toscana si fa così oggetto e teatro di memorie,di architettura in architettura, di storia in leggenda.
 
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