CITTÀ DEL VATICANO Nel palazzo presidenziale di Kiev, ieri mattina, un piccolo passo, immaginando il futuro, è stato fatto da Zelensky anche se al momento si ritiene che un cessate il fuoco «non porterà di certo la pace». Il presidente ucraino con un minimo preavviso ha ricevuto immediatamente l'inviato del Papa facendo spazio nella sua agenda a quasi un'ora di colloquio con l'arcivescovo Matteo Zuppi. Nell'alfabeto della diplomazia già questo è un segno di attenzione e di buona volontà, se solo si pensa a quel che successe prima della guerra in Iraq all'allora inviato di Papa Wojtyla alla Casa Bianca. Un episodio passato alla storia. Dopo nove ore di umiliante anticamera, il povero cardinale Laghi fu costretto a consegnare il messaggio papale ad un funzionario e a fare ritorno a Roma con le pive nel sacco. Stavolta tutto è andato diversamente e nel linguaggio protocollare, dove tutto è precisato, con ampio anticipo, questo è considerato un buon segno. Facendosi aiutare da un interprete, Zuppi si è seduto senza proporre nulla, ma solo per ascoltare i bisogni e le ragioni dell'Ucraina devastata dalle bombe russe: tutto tra l'altro è avvenuto in un momento drammatico visto che era appena stata distrutta la grande diga di Kakhovka colpita dai russi per rallentare la controffensiva ucraina con la perdita di interi villaggi.
LA MANOVRA
L'empatia umana, ancora una volta, è stata fondamentale per intavolare un colloquio non facile, i cui contenuti restano coperti dalla riservatezza, anche per non compromettere il secondo passaggio che attenderà Zuppi a breve, cioè la visita a Mosca (ancora tutta da impostare a dispetto dei segnali fumosi del Cremlino). Prima, naturalmente, il cardinale dovrà esaminare con Francesco il frutto degli ultimi due giorni trascorsi a osservare e a raccogliere le analisi di funzionari, deputati, religiosi ucraini e personale dell'Onu. Zelensky ha illustrato all'inviato del Papa il medesimo piano già evidenziato in Vaticano. «Con Zuppi abbiamo discusso della situazione e della cooperazione umanitaria nel quadro della formula di pace ucraina. Solo sforzi congiunti, isolamento diplomatico e pressioni sulla Russia possono portare a una giusta pace. Chiedo alla Santa Sede di contribuire ad attuare il piano di pace ucraino. L'Ucraina accoglie con favore la disponibilità di altri Stati e partner a trovare vie per la pace, ma poiché la guerra è sul nostro territorio l'algoritmo per raggiungere la pace può essere solo ucraino». Dietro le righe del quadro bellico si cela, a quanto apprende il Messaggero, la richiesta alla Santa Sede di sfruttare la sua moral suasion presso le cancellerie amiche per canalizzare gli sforzi diplomatici e fare pressioni sulla Russia. Zelensky a Zuppi avrebbe anche fatto un esempio concreto. Il 9 maggio, alla parata militare sulla Piazza Rossa erano presenti diversi capi di Stato. Se quel giorno non fosse andato nessuno sarebbe stato un segnale di isolamento per Putin.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout