Papa Francesco in Iraq, assist ai cristiani ma per strada non ci sarà nessuno: lockdown e timori per la sicurezza

Giovedì 4 Marzo 2021 di Franca Giansoldati
Papa Francesco in Iraq, assist ai cristiani ma per strada non ci sarà nessuno: lockdown e timori per la sicurezza

Città del Vaticano – L'ultimo viaggio internazionale che Papa Francesco aveva fatto risale alla fine del 2019. L'arrivo del Covid lo ha costretto a rinviare sine die una serie di appuntamenti e viaggi, rinchiudendolo nel circuito di Santa Marta - la sua 'gabbia' come la ha definita - fino a che non ha realizzato avrebbe potuto ritagliarsi uno spazio per tornare a viaggiare, proprio adesso, e andare in Iraq.

Domani mattina, venerdì 5 marzo, inizierà una delle visite più difficili di tutto il suo pontificato. La aveva desiderata da tempo anche se per vari motivi era sempre stato costretto a rimandarla per via dell'instabilità del paese che in questi ultimi vent'anni è stato teatro di un conflitto devastante. 

«Vengo come pellegrino penitente per implorare dal Signore perdono e riconciliazione dopo anni di guerra e di terrorismo, per chiedere a Dio la consolazione dei cuori e la guarigione delle ferite» ha fatto sapere al popolo iracheno Francesco alla vigilia della sua partenza. Ad attenderlo a Baghdad non troverà nessuno per strada, non ci saranno le folle e gli incontri con la gente perchè è stato decretato uno strettissimo lockdown. Il Covid anche in Iraq ha colpito duro e proprio in queste settimane si registra una impennata nei contagi tale da preoccupare anche le autorità sanitarie locali, poiché il sistema sanitario fragilissimo potrebbe non reggere all'urto delle varianti del coronavirus.

Al centro del viaggio ci sono due aspetti importanti: l'incontro con i cristiani superstiti, scampati alla persecuzione del Califfato e sottoposti ad una emigrazione forzata e il colloquio, a Najaf, città santa per gli sciiti, con l'Ayatollah Al Sistani. Inizialmente si era parlato della firma di un documento comune, un po' come quello che era stato fatto con i sunniti - negli Emirati Arabi, due anni fa - ma poi questa ipotesi è tramontata. E persino l'incontro con Al Sistani è stato incasellato in una diplomatica visita di cortesia e nulla di più. Certamente simbolica ma dallo scarso valore politico. In ogni caso resta un segnale che la Chiesa vuole mandare alla comunità musulmana sciita: è la prima volta che un Papa mette piede a Najaf, nella culla dell'Islam sciita. 

Il cardinale Sako, primate della Chiesa caldea, ha provato a fare luce sulle vere origini di questo viaggio che cade nel bel mezzo della pandemia e con condizioni di sicurezza piuttosto preoccupanti, visto che si combatte ancora in alcune zone irachene sottoposte al controllo dell'Isis.

Per Sako la visita apostolica non servirà tanto a “rafforzare” la posizione sociale e politica dei cristiani: «Il Papa non viene a difendere e proteggere i cristiani. Il Papa non è il capo di un esercito. Certo porterà loro conforto e speranza per aiutarli a perseverare, a sperare e anche a collaborare con gli altri cittadini. Ma non viene a alimentare il settarismo, come fanno altri».

Sako ha il timore che la visita possa essere interpretata negativamente, e aggiunge: «Il Papa viene per tutti gli iracheni, non solo per i cristiani. Sa che tutti hanno sofferto, non solo i cristiani. Il Patriarca non condivide nemmeno le formule iperboliche di chi ripete che il Papa viaggia in Iraq per fermare il genocidio dei cristiani: Se c’è stato un genocidio esso ha colpito tutti: i cristiani e ancora di più gli yazidi, ma anche sciiti e sunniti, in numero più alto».

Poichè l'Iraq resta una polveriera sempre pronta a saltare, specie alla vigilia delle prime elezioni che si terranno a ottobre, Sako cerca di smorzare i toni ed essere ecumenico. «Non bisogna separare i cristiani dagli altri, le sofferenze dei cristiani da quelle degli altri, perché in quel modo si alimenta la mentalità settaria. Il Papa, invece, parlerà della fratellanza umana, e anche della fratellanza spirituale. Ad esempio a Ur, nell’incontro interreligioso, ripeterà che noi siamo fratelli perché ci rende fratelli la fede nell’unico Dio. E dirà basta a guerre, fondamentalismi, terrorismi. Chi tira in ballo l’espressione ‘genocidio’ spesso la fa per perseguire altri intenti, intenti politici». 

Sul posto a preoccupare non c'e' solo la pandemia ma anche la sicurezza e per questo sono state messe a punto rigide misure e persino la Nato ha garantito un dispositivo di droni e aerei per aiutare l'esercito iracheno dall'alto. Papa Francesco si muovera' con un'auto blindata e solo allo stadio di Erbil userà la papamobile aperta. Ci sarano circa 10mila persone domenica 7 marzo alla messa.  

Il Primo Ministro Mustafa Al-Kadhimi ha affermato che la visita del Papa contribuira' a consolidare la stabilita' e aiutera' a promuovere uno spirito di fratellanza in Iraq e in tutta la regione.

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