Palazzo di Londra: al processo la Gendarmeria parla della truffa di Cecilia Marogna. Affiora operazione segreta per il riscatto di una suora rapita

Mercoledì 12 Ottobre 2022 di Franca Giansoldati
Palazzo di Londra: al processo la Gendarmeria parla della truffa di Cecilia Marogna. Affiora operazione segreta per il riscatto di una suora rapita

Città del Vaticano – L'operazione coperta dal segreto pontificio di cui erano a conoscenza solo il Papa e l'allora Sostituto alla Segreteria di Stato, cardinale Angelo Becciu e che riguardava il riscatto da pagare per la suora rapita in Mali dai jihadisti (nel frattempo liberata) è stata al centro della 28esima udienza del maxi processo per il palazzo di Londra.

«Quando il comandante della Gendarmeria Gianluca Gauzzi Broccoletti e il commissario Stefano De Santis mi dissero che i soldi utilizzati dalla signora Cecilia Marogna (imputata al processo in corso nrd) non erano stati utilizzati per finalità proprie ho detto: 'Sono pronto a dare quello che ho io e rifondere la Segreteria di Stato, perché se i soldi sono stati utilizzati male è colpa mia'.

Mi bloccò il comandante: 'lei non ha colpa, lei è stato truffato'. Io i soldi li ho procurati, sono stati dati alla signora perché incaricata di mandare avanti un'operazione di cui erano a conoscenza il Santo Padre e il sottoscritto». 

La dichiarazione spontanea del cardinale (uno dei dieci imputati al processo) sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, faceva riferimento, a quanto spiegato in aula dal secondo dei testimoni dell'accusa, il commissario De Santis, che ha parlato di un incontro segreto avuto insieme al comandante Gauzzi con Becciu il 3 ottobre 2020 nella sua abitazione, pochi giorni dopo la drammatica udienza in cui il Papa lo aveva privato dei diritti del cardinalato e della carica di prefetto per le Cause dei santi. 

«Gli facemmo capire che Cecilia Marogna aveva ricevuto così tanti soldi in cui lui era l'ordinante dei bonifici tramite monsignor Perlasca e che di questo il nuovo sostituto, monsignor Pena Parra, nulla sapeva», ha ricordato il gendarme De Santis.

«Stia attento cardinale Becciu - gli dicemmo - perché questa cittadina sta utilizzando i soldi diversamente da quelli previsti nella causale dei bonifici», che erano finalizzati per presunte «missioni umanitarie». Il commissario ha inoltre riferito che, a proposito dei contributi versati alla Cooperativa Spes di Ozieri, guidata dal fratello Antonino, Becciu «non comprendeva il linguaggio dei magistrati, non pensando di aver fatto alcun male». «E ci chiese di tutelare Cecilia Marogna, di non fare niente, perché, disse, 'si procurerebbe un grave danno a me e ai miei familiari. Ci chiese quanti soldi avesse spesso la signora Marogna e disse che avrebbe dato ordine, tramite il proprio conto personale allo Ior, di rifondere quel denaro alla Segreteria di Stato». 

«Quell'incontro non fu richiesto da me - ha poi detto il cardinale Becciu nella sua dichiarazione spontanea -. Quel giorno esasperato dal titolo del Corriere della Sera 'Becciu ha inviato in Australia 700 mila euro per finanziare i testimoni contro il cardinale Pell' (cosa poi smentita dalle stesse autorità australiane ndr) telefonai al comandante per esprimergli tutta la mia amarezza e chiedergli come mai vengono pubblicate cose false». 

«Vennero, e la prima cosa che mi dissero fu: 'Questo incontro deve rimanere segreto, non lo deve dire a nessuno, perché sentiamo di venire meno al nostro dovere professionale. Per cui sono sorpreso che se ne parli ora - ha sottolineato -. Vero, mi sono messo le mani ai capelli quando mi parlarono della signora Marogna. Le misi perché c'era il rischio questa notizia venisse pubblicata perché era una operazione di cui eravamo al corrente solo il Santo Padre ed io (la liberazione della suora sudamericana rapita in Mali, ndr). Non era per i miei familiari. Mi stavo preoccupando per tutto quello che dicevano sui miei familiari per soldi dati alla Spes, soldi per cui si dice che avevo fatto del peculato, come ho già dichiarato che non sussistono queste accuse».

Tra i racconti fatti da De Santis in aula, quello che «quando monsignor Perlasca riferì al cardinale Becciu l'interessamento dei magistrati vaticani alle dazioni in denaro alla Marogna lui esclamò 'Che porci!». In aula sono state ricostruite anche tutte le spese in abbigliamento, cosmetici, mobili, affitto della casa a Cagliari, supermercato e profumeria, scuola della figlia e altre voci fatte dalla Marogna per un totale di 436 mila euro in 20 mesi (dai 575 mila ricevuti dalla Segreteria di Stato vaticana tramite la sua società slovena Logsic). E stato anche mostrato come l'ex manager sarda e sedicente esperta di mediazioni internazionali, portata in Vaticano dai vertici dei servizi segreti italiani, postasse su Facebook foto delle sue visite in Vaticano e all'abitazione di Becciu con commenti come «Sentirsi a casa. Il mio paradiso». Oppure di soggiorni a Ibiza, a Bormio alle Terme di San pellegrino, pranzi in Sardegna e aperitivi a Milano in giorni in cui sono risultate le relative spese dai conti beneficiati dai contributi vaticani. 

In Tribunale oggi è stato depositato anche il Rescritto pontificio del 5 dicembre 2016 che riaffermava come la gestione delle finanze della Segreteria di Stato fosse materia coperta da segreto pontificio. Gli avvocati del cardinale Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo a tal proposito hanno sottolineato che «la naturale riservatezza del cardinale sul punto, altro non era che il ligio rispetto della legge. Ogni altro comportamento sarebbe stato illecito.  Quanto, invece, alla vicenda della signora Marogna, il Cardinale, rispondendo direttamente in aula alla deposizione della Gendarmeria, ha ribadito ancora una volta il carattere segreto dell’intera operazione di sicurezza, che ha cercato di conservare in ogni modo, nel superiore interesse della Santa Sede e del Santo Padre».

Ultimo aggiornamento: 13 Ottobre, 12:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA