Suor Bonetti: «Il Covid peggiora la situzione a Roma, minorenni in strada ancora più schiave del sesso»

Martedì 9 Marzo 2021 di Franca Giansoldati
Suor Bonetti: «Il Covid peggiora la situzione a Roma, minorenni in strada ancora più schiave del sesso»

Città del Vaticano - «Il Covid ha schiavizzato ancora di più le straniere chiave del sesso.

Se non lavorano non mangiano e chi le sfrutta le manda sulle strade ugualmente, in modo forzato. Nemmeno la pandemia blocca questo mercimonio, questo racket. Anche a Roma, ovviamente, proprio come ha denunciato il Papa ieri tornando in aereo dall'Iraq». Suor Eugenia Bonetti è la suora che da 40 anni combatte il traffico di esseri umani dando vita a un grande network di associazioni per il recupero delle donne salvate. Ha più di ottanta anni ma continua con una energia incredibile a lavorare per il progetto Slave no more (www.slavesnomore.it). L'ultimo lavoro è liberare le ragazze, curarle, insegnare loro un lavoro e rimpatriarle in Nigeria.

La pandemia non è un deterrente?

«Assolutamente no. Sono solo meno visibili, ma tutto va avanti ugualmente. Per noi è una enorme preoccupazione anche perché sono esposte al contagio e a malattie. E chi pensa poi a queste ragazzine che a volte non sono che adolescenti?»

Ci sono minorenni?

«Tantissime. Solo che dichiarano di avere più di 18 anni per non essere portate via dalla polizia. Il Covid ha solo peggiorato la situazione pensi che per poter vivere hanno anche abbassato la quota, il compenso che chiedono ai clienti».

Cosa vuol dire?

«Un po di tempo fa, eravamo fuori di notte con la nostra unità mobile per avvicinare queste ragazze e in particolare stavo cercando una giovanissima nigeriana con la quale avevo già avviato un percorso. Ad un tratto la vedo scendere da un'auto. Aveva dei soldi in mano. Erano 7 euro, ci rendiamo conto? Questa ragazzina avrà avuto si e no quindici anni. Sono bambine. Ho provato un senso di desolazione. Se non blocchiamo le richieste dei clienti, non riusciremo mai ad arrivare a fermare il fenomeno. Bisogna cambiare mentalità. Non si può comprare il corpo di una minorenne. E' terrificante. I clienti sono criminali».

Il Covid non ha fermato le vostre attività di recupero?

«Le ha molto rallentate. A Ponte Galeria, per esempio, non andiamo più perché non ci sono più donne in attesa di espulsione. Ci muoviamo per le strade di Roma. In ogni caso non abbiamo mai smesso di rafforzare il progetto per il loro rimpatrio e il reinserimento sociale». 

In cosa consiste?

«Il progetto Slave no more che è partito da qualche anno si rivolge alle donne vittime di tratta, espulse dal territorio italiano e in attesa di rimpatrio attraverso i Centri di identificazione ed espulsione (CIE). Noi ci preoccupiamo di includere il viaggio, una formazione e un percorso di ritorno nel rispetto. Per ora il nostro lavoro è solo circoscritto alla Nigeria. Possiamo realizzarlo grazie ai fondi dell'8 per mille che ci fornisce la Cei».

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