Città del Vaticano – Rischia di trasformarsi in un micidiale test capace di misurare il grado di scontentezza dei parroci romani l'eccezionale convocazione vaticana del 2 marzo.
Per radunare tutti i parroci e i religiosi al completo, in tutto un migliaio di presenze, è stata stranamente scartata la basilica del Laterano, solitamente utilizzata da sempre per ospitare eventi simili, dagli incontri con i pontefici ad altri raduni diocesani. I maligni affermano che sarebbe stata troppo ampia per mascherare le defezioni che già sono nell'aria. Così per ovviare all'imbarazzante effetto dei numeri risicati, con una sala desolatamente semi vuota, si sono indirizzati nella scelta nell'aula magna dell'ateneo del Laterano: certamente spaziosa e solenne ma non così capace da ospitare mille presenze, visto che la capienza massima è di circa 600 posti. Sempre i maligni insinuano che si tratta di una location giudicata perfetta per mimetizzare l'eventuale rinuncia massiccia dei parroci piuttosto disillusi e forse persino disinteressati. In questo modo le telecamere e i fotografi non immortaleranno una sala semivuota. Il test del 2 marzo chissà se misurerà davvero il gradimento delle novità al Laterano.
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A fare la convocazione è stato il vicegerente (e non il cardinale De Donatis) Baldo Reina mentre a spiegare nel dettaglio ai parroci le novità rivoluzionarie che contiene la costituzione apostolica In Ecclesiarum Communione sarà il cardinale Gianfranco Ghirlanda, il giurista della Gregoriana che Papa Francesco consulta sempre per i grandi progetti. Il testo pubblicato il 6 gennaio sostituisce la “Ecclesia in Urbe” di Giovanni Paolo II del 1988 e ne riorganizza l’ordinamento interno dopo una sorta di indagine interna per migliorare alcuni aspetti dell’amministrazione e delle procedure.
Il documento si compone di due parti. Da un lato Francesco sottolinea l’importanza dal punto di vista ecclesiale della diocesi ma anche i problemi legati all'attualità (questioni legate alla convivenza civile, il crescere della povertà e le attività che comunque sono notevoli a favore dei più poveri). Seguono poi 45 articoli. Una delle principali novità riguarda la figura del cardinale vicario, che viene definito per la prima volta “ausiliare”. Poi si affronta anche il ruolo del Consiglio Episcopale (cioè l'insieme dei vescovi ausiliari) e si disciplinano i diversi Uffici.
Francesco vuole una maggiore collegialità e, al contempo, prevede una maggiore presenza del Papa, come vescovo di Roma, nelle diverse decisioni pastorali, amministrative ed economiche di rilievo (dalle nomine ai regolamenti e i programmi pastorali) della diocesi di Roma. Viene anche previsto che sarà sempre il Papa a presiedere il Consiglio Episcopale mentre cessano le attività di alcuni uffici del Vicariato. Scompare la figura del prelato segretario generale del Vicariato e nascono invece nuovi organismi di vigilanza su finanze e abusi. Infine si fissa a cinque anni il mandato del personale direttivo, prorogabile solo per un altro quinquennio.
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Il Papa ha anche nominato il nuovo vicegerente nella persona di Baldassarre Reina proveniente dalla diocesi di Agrigento. Il vicegerente - si legge nel testo - “coadiuva il cardinale vicario”, “coordina l’amministrazione interna della Curia diocesana”, “dirige gli uffici che compongono il Servizio della Segreteria Generale del Vicariato”. Egli ha anche “il compito di moderare gli Uffici del Vicariato nell’esercizio delle loro funzioni” e “curare che i dipendenti del Vicariato svolgano fedelmente i compiti loro affidati”. Sempre al vicegerente spetta la verifica dei nuovi statuti e dei regolamenti di Opera Romana Pellegrinaggi, Caritas, Opera Romana Preservazione della Fede, Fondazioni, Confraternite, Arciconfraternite ed Enti collegati al Vicariato.