Robot in chiesa, omelie sfornate all'istante e preghiere: quando l'AI sfida la religione

Un piccolo borgo sulla sponda del Danubio, in Ungheria, un parroco si è affidato all'intelligenza artificiale per la predica domenicale

Martedì 14 Febbraio 2023 di Franca Giansoldati
Robot in chiesa, omelie sfornate all'istante e preghiere: quando l'AI sfida la religione

Città del Vaticano – Mentre i teologi di tutto il mondo sono alla disperata ricerca di una cornice etica per algoritmi, robot e ChatGpt, in un piccolo borgo sulla sponda del Danubio, in Ungheria, un parroco si è affidato all'intelligenza artificiale per la predica domenicale.

Il risultato è stato «spaventoso e affascinante», ha spiegato il sacerdote commentando le parole scelte dal computer, che ha poi pronunciato nella chiesa millenaria di Domos, nell'ovest del paese, dove non vivono più di 1200 anime.

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«Gli uomini scelti da Dio non devono temere la caduta, perché Nostro Signore sta con loro - recita infatti il testo -, e aiuta a superare le difficoltà. Gli uomini scelti da Dio hanno bisogno della fede e di abbandonare i loro timori, di rimanere aperti alla volontà del Signore». Il sacerdote Viktor Csanadi ha letto solo il testo prodotto dal ChatGPT, l'intelligenza artificiale dell'OpenAI. Ad un giornale locale, Mandiner, il religioso ha raccontato di avere impartito precisi ordini alla macchina spiegando che aveva bisogno di un testo che parlasse di fede per la predica domenicale. «Non so se l'intelligenza artificiale sostituirà in futuro il lavoro dei preti. Dovremmo rispondere di no, ma non ne sono certo», ha sottolineato il parroco. I fedeli non si sono accorti di nulla, hanno pregato con devozione perchè la predica non differiva dalle altre prediche. Insomma, era una cosa normale.

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Tuttavia gli interrogativi nella Chiesa avanzano anche perchè l'intelligenza artificiale sta entrando in sempre più sfere della nostra vita, compreso nel terreno morale ed etico. Da tempo in Giappone, nell'antico tempio buddista di Kodaiji, a Kyoto, i fedeli vengono accolti da un robot di nome Mindar costruito sui tratti della divinità della misericordia che dispensa con le sue mani in silicone e il suo viso androide gesti benedicenti e formule spirituali tratte dagli insegnamenti dell'Illuminato. Una cosa analoga è stata sperimentata a Varsavia, in Polonia, dove è stato attivo SanTo, il primo robot cattolico, brevettato da un ricercatore di origine italiana, Gabriele Trovato, visiting professor alla Waseda University giapponese. Il piccolo automa rispondeva a domande immense, come per esempio: «Esiste il paradiso?». Il pupazzo alto circa 40 centimetri replicava in modo estensivo, applicando di codici di un programma basato sulla sacra scrittura e sul Vangelo e, naturalmente, duemila anni di magistero. «È più facile che un cammello entri da una cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli». 

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Mentre la ricerca sull'intelligenza artificiale fa passi da gigante e ormai è penetrata a raccogliere dati sulle nostre emozioni per replicarle nelle macchine, quello che ancora non è evidente è come l'AI possa interagire con il sacro, con la ricerca della spiritualità, con la pratica della preghiera. Il robot chiamato SanTo al momento è programmato per recitare il rosario, accompagnare nelle preghiere i fedeli, persino (forse) confortarli con le frasi del Vangelo se qualcuno attraversando drammi o crisi spirituali. 

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La domanda (enorme) sta bussando alla porta delle grandi religioni. Cattolici, protestanti, ebrei, musulmani, buddisti: un domani i robot potrebbero rimpiazzare preti, rabbini, monaci, sacerdoti modificando la dinamica e il rapporto tra l'uomo e la propria dimensione spirituale? L'interrogativo viaggia sottotraccia lasciando dietro una scia di inquietudine. La stessa che ha ben descritto lo scrittore Kazuo Ishiguro nel suo ultimo libro “Klara e il sole” che parla di un compagno intelligente artificiale sviluppato per dare conforto ai bambini e alleviare il senso della solitudine.
E visto che in futuro ci saranno sempre meno preti (per il crollo delle vocazioni) la Chiesa potrebbe ricorrere a questo espediente per mantenere i rapporti con i propri fedeli, siano essi ebrei o cattolici o buddisti? La risposta la fornisce padre James F. Keenan, gesuita, docente al Boston College e teologo moralista tra i più accreditati a scandagliare questo terreno insidioso.

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A suo parere la questione si può risolvere alla radice perché «Gesù si era incarnato. E lo stesso dovrebbero essere i nostri preti. I robot non possono esserlo» dice, aggiungendo di seguito l'intelligenza artificiale non potrà mai produrre l'anima. Il prototipo cattolico di Alexa dovrà aspettare. Semmai il vero nodo è pensare a quali valori la società umana fa riferimento e quali sono le cose che rendono la vita degli uomini degna di essere vissuta.

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Padre Keenan è stato chiamato alcuni anni fa a parlare ad un convegno organizzato dal Pontificio Consiglio per la Cultura dal cardinale Gianfranco Ravasi dal titolo La sfida dell'intelligenza artificiale per la società umana e l'idea di persona umana. Lo scopo dell'incontro era quello di promuovere una maggiore consapevolezza sul profondo impatto culturale che l'IA può avere sulla società umana. Kenan non ha però nascosto di essere «più preoccupato non tanto per la macchina, il robot, ma per il progettista. Sono preoccupato dal dominio del progettista, perché come nella vita umana, il progettista si abbandona più facilmente al dominio che alla vulnerabilità. E si potrebbe dire che nella misura in cui il dominio è il peccato originale dell'umanità, cioè il dominio come rifiuto della vulnerabilità umana, allora la condizione umana ha bisogno di essere vigile quando il dominio si presenta all'orizzonte umano». La responsabilità quindi sembra essere la chiave per mettere a fuoco come andare avanti con l'IA in ogni ambito.

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