Ratzinger, la salma a San Pietro: tra commozione e silenzi si prega anche in ucraino

Balinesi e pugliesi, indiani e ciociari, scout e famiglie per l’ultimo saluto

Martedì 3 Gennaio 2023 di Mario Ajello
Ratzinger, la salma a San Pietro: tra commozione e silenzi si prega anche in ucraino

«Signore, ti amo», è la litania che molti recitano in italiano, anche se vengono dalla Germania, dall’Olanda o dalle Filippine, intorno alle spoglie del Papa emerito nell’immensa navata di San Pietro. Sono le stesse parole pronunciate da Ratzinger con un filo di voce nella nostra lingua mentre esalava l’ultimo respiro, come commiato dopo 95 anni di vita terrena trascorsa in gran parte nella sua amatissima Roma.

Il popolo di Benedetto - che sciama in massa ma discretamente tra Borgo Pio, via della Conciliazione, il colonnato di Bernini, la piazza - somiglia al suo idolo. È composto nella commozione. Non si abbandona a pose altisonanti del tipo «santo subito!».

Sembra incapace, anche per ossequio a un Papa intellettuale, di fare spettacolo e non è mosso nel suo omaggio funebre dall’ansia divorante della partecipazione o da una travolgente ondata emozionale ma dalla consapevolezza storica dell’importanza del personaggio. «Siamo a Roma per turismo - dicono i più - e la coincidenza della morte di Benedetto ci ha portato oggi a San Pietro per salutarlo». Ci sono, a decine di migliaia, i pugliesi e i balinesi, gli indiani e i ciociari, gli scout e i sanfedisti di Regnum Christi, le famiglie che chiedono la grazia e un’anziana appena uscita dall’ospedale Santo Spirito che spiega: «È stato un Papa intelligente che ha avuto il coraggio del distacco dal potere». Tutte le lingue del mondo e tutti i colori del globo sono riuniti nel cordoglio. 

Morte Papa Ratzinger, migliaia in fila a San Pietro per rendere omaggio al pontefice

E in questo popolo che si muove con la gentilezza che apparteneva al caro estinto e che lui sembra avere lasciato in eredità all’oceano di gente in fila per dargli l’ultimo omaggio, molti se lo sentivano che l’Emerito stava per morire. «Ormai si era capito che si stava spegnendo e io - racconta Giuseppe Piromallo un post-ragazzo arrivato da Napoli in jeans e maglietta - sentivo una spinta a volerci essere in questo momento. Per me si chiude un cerchio. Ero tornato alla fede grazie a Papa Ratzinger, e ora non potevo mancare a questo appuntamento di testimonianza. Tornerò anche per i funerali giovedì in cui per la prima volta un pontefice celebrerà le esequie di un altro pontefice». 

 

I PARAMENTI

Le spoglie di Benedetto, sotto l’altare della confessione, si presentano così. Ratzinger indossa dei paramenti liturgici bianchi e rossi. In testa ha la mitra. Tra le mani ha un rosario. L’anello al dito è quello con l’effige di San Benedetto, che serve a sottolineare il legame tra il Papa emerito e il santo di Norcia. «Vorrei accarezzare, ma non si può, questo corpo fatto di spirito», dice un frate francescano. E una suora spagnola: «Io avrei messo il corpo di Benedetto un po’ più in verticale. Così, invece, si vedono i piedi più della faccia». Davanti alla bara c’è chi si inginocchia e prega, chi si mette le mani sul viso e piange, chi si siede per terra e alza gli occhi al cielo, chi non resiste all’ansia da selfie al centro della basilica e viene rimproverato da una monaca: «Andate fuori a farvi belli. Benedetto merita raccoglimento, non show». Ma ci sono nel corso di questa prima giornata di esposizione della salma (40mila presenti solo al mattino, poi gli altri) un’infinità di telefonini che filmano tutto. Fuori dalla basilica, c’è la caccia alle immaginette di Ratzinger. All’inizio sono introvabili (perché egli non è mai stato una star) al contrario di quelle di Wojtyla e di Bergoglio che vanno a ruba.

«Forse mi arriverà qualche calamita da frigorifero con il volto di Benedetto», promette ai pellegrini il venditore piazzato sulla destra del colonnato. «Niente Ratzinger ma se volete - rilancia un bottegaio a Borgo Vittorio - abbiamo i bambinelli luminosi a 10 euro o le statuette di Padre Pio a ogni prezzo». Poi, fiutando gli affaroni, si riversa sulle bancarelle verso l’ora di pranzo una quantità di ciondoli, di catenine, di medagliette, di rosari, di monetine e di braccialetti raffiguranti il «pastore tedesco» e fatti fare in fretta e furia nelle ultime ore in fabbrichette per lo più della Campania (per i prodotti made in Taiwan bisognerà aspettare un altro po’). E così il merchandising Benedetto si prende la scena, sempre senza esagerare. Davanti alla ditta di articoli sacerdotali Turella Adriana, a Borgo Pio, fioccano i ricordi di quando Ratzinger veniva da cardinale: «Aveva la passione per i candelabri». E sempre in questo rione pudicamente invaso c’è la fila alla Cantina Tirolese e per sedersi al tavolo numero 6, il più defilato, dove amava pasteggiare lui prima che salisse alla soglia di Pietro. Circolava in queste vie il porporato Ratzinger, si annotava sul taccuino le frasi più belle che leggeva sui muri dei palazzi («Il cuore romano è un cuore di poesia», così diceva) e l’altra notte in suo onore qualcuno ha vergato con un pennello nero su via Plauto queste parole: «Think Poetic». Pensa poeticamente, proprio come faceva Benedetto. 

 

POP E PROF

Intanto chi ha visto arrivare alle nove del mattino Giorgia Meloni a San Pietro le fa, quasi sussurrando, gli auguri: ben sapendo che non è questo il momento e il luogo dei salamelecchi. Chi viene informato che poco prima dell’apertura della basilica al pubblico è giunto il Capo dello Stato per il cordoglio non sa - perché è roba per specialisti - che Ratzinger nel 1981 parlando ai deputati cattolici del Parlamento tedesco disse una cosa che sarebbe piaciuta assai a Mattarella: «Non l’assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività politica». E comunque: c’è anche una coppia di professori ucraini. Sono riusciti ad arrivare da Odessa a Roma, per venire a trovare parenti che sono scappati quasi un anno fa quando scoppiò la guerra, e parlano come un libro stampato: «L’Europa che si oppone a Putin è anche figlia di Ratzinger. Il discorso di Ratisbona del 2006 svegliò tanti dalla debolezza davanti alle stragi islamiste. La storia non era finita, bisognava riprendere in mano la nostra verità. E oggi libertà e democrazia non indietreggiano». 

E dunque c’è il popolo minuto, spinto dal cuore (o dal Pathos come direbbe teologicamente Ratzinger) davanti alle spoglie di Benedetto che molti definiscono «un umile operaio nella vigna del Signore» ma c’è anche e in piena armonia un popolo “di testa” (o del Logos, come direbbe sempre lui) che si riconosce nel messaggio politico-culturale di questa personalità sfaccettata. Amina, una giovane col velo, osserva: «Ratzinger ha cercato di favorire la comprensione tra cristiani e musulmani». Basterebbero queste semplici parole di una ragazza giordana che studia a Roma, per eliminare tutte le falsità sul presunto occidentalismo radicale di un pontefice che, viceversa, a modo suo sapeva parlare a tutti. Anche se non tutti volevano ascoltarlo. Proprio nell’ateneo che frequenta Amina, La Sapienza, nel 2007 un manipolo di professori “de sinistra” e una minoranza di studenti manipolati impedì a Benedetto di parlare. Ora però ha vinto Ratzinger. «Mi sento bene a stare qui - dice Antonia, una colombiana che lavora come donna delle pulizie e si attarda davanti alla bara - perché lui era un Papa giusto e un nonno saggio». E una sorta di profondità non invadente, molto ratzingheriana, avvolge fino a sera la basilica di San Pietro e tutto ciò che c’è intorno. 

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