La svolta di Papa Francesco, abusi e troppe spese: Bergoglio commissaria il Vicariato di Roma

L’intervento dopo le esequie di Benedetto. Bergoglio prende il controllo del Vicariato

Sabato 7 Gennaio 2023 di Franca Giansoldati
Abusi e spese imprudenti «Così perdiamo credibilità» La svolta del Papa per Roma

Interrato Benedetto XVI nelle Grotte Vaticane, distaccato (apparentemente) davanti alle polemiche striscianti sul funerale a metà voluto per il suo predecessore, Papa Francesco ieri mattina è tornato ad occuparsi della quotidiana gestione della Chiesa e ha scelto il giorno dell’Epifania per lanciare un energico messaggio sulla volontà di proseguire con le riforme.

Barra dritta e avanti tutta. Poco dopo l’Angelus, davanti ad una piazza gremita di gente, al netto di una divertente gaffe in cui ha riferito che «i Magi non erano scemi» (visto che non si sono fatti ingannare da Erode), Papa Bergoglio ha dato disposizioni al suo staff di pubblicare un decreto con il quale ridisegna totalmente il modo di governo all’interno del Vicariato di Roma. Di fatto l’intervento a gamba tesa nella dinamica funzionale della sua diocesi ha svuotato la figura del cardinale vicario assegnando più potere ai quattro vescovi ausiliari e dando loro la responsabilità diretta ai settori di competenza, compresi gli ambiti di intervento e i servizi pastorali.

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LE REAZIONI

C’è chi parla di commissariamento, un termine forse un po’ eccessivo ma capace di rendere bene l’idea dell’atmosfera di sfiducia che si è andata a creare tra Santa Marta e il Palazzo del Laterano. Le cose, del resto, non andavano bene da tempo e il Papa era stanco di lamentele, con le parrocchie che si sono svuotate di fedeli, un coordinamento interno ormai ridotto ad uno schema formale, aumentando lo sconcerto e lo smarrimento dei parroci. A questo si sono aggiunti alcuni episodi significativi legati ad una gestione imprudente sotto il profilo finanziario che aveva imposto, l’anno scorso, una ispezione ai conti e la necessaria introduzione di un audit. Infine, ad accrescere le tensioni tra il Papa e il cardinale Angelo De Donatis - caduto progressivamente in disgrazia - è stato il modo in cui il Vicariato ha affrontato lo scandalo del gesuita Marko Rupnik, un artista conosciuto a livello internazionale, aiutato dal Vicariato nonostante i provvedimenti emessi nei suoi confronti da parte della Congregazione della Fede a seguito di denunce di abusi su donne consacrate e laiche. Una vicenda molto dolorosa e traumatizzante per le diverse vittime, costrette in questi anni ad assistere ad una sorta di riabilitazione de facto del loro abusatore da parte dell’autorità della Chiesa.
Nel testo del decreto sulla diocesi di Roma ci sono alcuni passaggi significativi che fanno capire il disegno politico di Papa Francesco. Il primo stabilisce che il cardinale vicario, oggi Angelo De Donatis, «non intraprenderà iniziative importanti o eccedenti l’ordinaria amministrazione senza aver prima a me riferito». E il secondo sottolinea la necessità da parte del clero di Roma di avere comportamenti coerenti e trasparenti: «La Chiesa perde la sua credibilità quando viene riempita da ciò che non è essenziale alla sua missione o, peggio, quando i suoi membri, talvolta anche coloro che sono investiti di autorità ministeriale, sono motivo di scandalo con i loro comportamenti infedeli al Vangelo». Un intervento normativo di questa portata, firmato dal Laterano e non dalla Città del Vaticano, indica anche che la direzione riformatrice di Bergoglio potrebbe essere sempre più orientata a mettere l’accento sulla figura del Papa come vescovo di Roma e non più come Capo di Stato o Vicario di Cristo.

I TITOLI STORICI

Del resto ha già provveduto a definire «titoli storici» sull’Annuario Pontificio le seguenti definizioni: Servo dei Servi di Dio, Sovrano dello Stato vaticano, Successore del Principe degli Apostoli, Sommo pontefice della Chiesa universale. E chissà se un domani non vorrà abolire anche la figura del Cardinale vicario divenuta, a questo punto, quasi superflua nella gestione ordinaria della diocesi dei pontefici. In un passaggio del decreto Francesco scrive: «Roma, affidata al mio servizio episcopale, possa risplendere come esempio della comunione di fede e di carità, pienamente coinvolta nella missione dell’annuncio del Regno di Dio, custode della speranza divina di accogliere tutti nella sua salvezza. Valga per Roma quello che san Gregorio Magno scrisse di sé al Patriarca Eulogio di Alessandria: non ricerco la mia grandezza con le parole, ma con la mia condotta. Scompaiano le parole che gonfiano la vanità e ledono la carità». 

Nell’omelia della messa per l’Epifania, celebrata da Francesco nella basilica vaticana, il pontefice ha ripetuto come non ci sia spazio per quella parte dei cattolici che guardano più alla forma che alla sostanza e che non si mettono mai in discussione: «La fede non cresce se rimane statica; non possiamo rinchiuderla in qualche devozione personale o confinarla nelle mura delle chiese, ma occorre portarla fuori, viverla in costante cammino verso Dio e verso i fratelli».

Ultimo aggiornamento: 07:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA