Bergoglio-Pell, faccia a faccia su fondi neri e affari sospetti

Martedì 29 Settembre 2020 di Franca Giansoldati
Bergoglio-Pell, faccia a faccia su fondi neri e affari sospetti

CITTÀ DEL VATICANO «Voglio proprio togliermi la soddisfazione di guardare Papa Francesco negli occhi». George Pell, il cardinale che voleva ripulire «le stalle vaticane» dalle incrostazioni e dalle gestioni personalistiche quando era zar dell'Economia - prima di finire davanti alla corte australiana con l'accusa di pedofilia uscendone poi assolto - è pronto a farsi 32 ore di volo per arrivare a Roma. E' stato convocato nei prossimi giorni dal Papa. Sarà un viaggio singolare considerando che Francesco sulle riforme finanziarie non volle ascoltarlo e che durante la sua permanenza in carcere, in Australia, nemmeno si fece mai vivo. Il suo arrivo a Santa Marta è da collegare all'inchiesta sul Palazzo di Londra e al riordino delle finanze richiesto dalla maggior parte dei cardinali elettori all'inizio del pontificato per portare nel sistema economico d'Oltretevere i criteri di trasparenza adottati dagli stati europei.


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Gli standard


Qualcosa, però, ad un certo punto si deve essere inceppato visto che ora nemmeno il bilancio viene più mostrato in chiaro, voce per voce. La mancanza di trasparenza ha portato il Comitato di Moneyval a richiedere una ispezione. Da domani per due settimane una delegazione passerà a setaccio l'amministrazione d'Oltretevere al fine di capire se la Santa Sede si è adeguata agli standard internazionali e può essere mantenuta nell'elenco white-list. L'esame è scattato dopo la perquisizione agli uffici dell'Aif l'Authority finanziaria e il sequestro di informazioni riservate del circuito Moneyval. A fare da garante è il nuovo direttore dell'Aif, ex Bankitalia, Carmelo Barbagallo.
L'appuntamento più importante, tuttavia, resta l'incontro Papa-Pell perché potrebbe svelare particolari importanti sui fondi riservati e gestiti dalla Santa Sede. Pell all'epoca li chiamava «i fondi neri». Denaro depositato al Credit Swisse e sul quale si è concentrata l'attenzione dei magistrati. E' lì che la Guardia di Finanza avrebbe raccolto ed elencato movimenti fino a 500 milioni di euro mettendo sotto la lente di ingrandimento, come riporta l'Ansa, anche gli investimenti con un tycoon angolano Antonio Mosquito, conosciuto da Becciu quando era nunzio in Angola e il finanziere svizzero Enrico Crasso, l'uomo che al Credit Swisse opera per conto del Vaticano. Il cardinale Becciu, raggiunto al telefono, si limita a «smentire nel modo più categorico una cosa del genere».

Il famoso tesoretto papale che fu al centro di una battaglia tra Pell e il cardinale Becciu. Il cardinale australiano insisteva perché tutte le risorse fossero centralizzate, un po' come accade in qualsiasi azienda, senza subire dispersioni e garantire facili controlli. Becciu, invece, difendeva la autonomia della Segreteria di Stato, quelli erano fondi riservati. Erano due visioni opposte, inconciliabili.
 

L'accelerazione



Per dare una accelerata alle indagini su Londra - da dove è partito tutto e dove si inserisce anche l'accusa di peculato al cardinale Becciu - Francesco ha rafforzato la squadra degli inquirenti assumendo un professore di diritto bancario come Promotore di Giustizia applicato, nella persona di Gianluca Perone. Si tratta di un esperto di questioni commerciali che potrà dare una mano a decrittare i contratti inglesi accesi per l'acquisto dell'immobile londinese e la costituzione di tante società in Lussemburgo attraverso una serie di scatole cinesi. In Vaticano ora si attendono le prossime mosse, a cominciare dai rinvii a giudizio dei sei funzionari licenziati l'anno scorso oltre che quello del cardinale Becciu, visto che perdendo le tutele proprie del cardinalato potrebbe essere chiamato in giudizio.

Tuttavia sono in molti, in Vaticano, a scommettere che non si arriverà mai al processo e che potrebbe esserci una archiviazione. Ma sono supposizioni. Quel che è certo che il Papa si è messo nelle mani dei magistrati che andranno avanti. mResta, invece, insoluto un punto dolente per tutti. I conti vaticani a causa del Covid vanno male e la centralizzazione delle risorse è una strada che per forza di cose si sta facendo largo. Il Papa già nella prima riunione dopo il lockdown dei capi dicastero, a maggio, non solo si raccomandò di risparmiare, non fare assunzioni, eliminare le spese superflue. Ordinò anche di affidare in tempi brevi le risorse dei dicasteri depositate nei vari istituti di credito all'Apsa, il forziere guidato da Nunzio Galantino.

 

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Ultimo aggiornamento: 12:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA