Covid, l'arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi: «Spero nelle chiese aperte, non sono gruppi WhatsApp»

Lunedì 16 Novembre 2020 di Franca Giansoldati
Covid, l'arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi: «Spero nelle chiese aperte, non sono gruppi WhatsApp»

«Ci sono certi negazionismi sul Covid che sono pericolosi. Penso ai negazionismi nascosti, alimentati da coloro che relativizzano: il relativismo, come sappiamo, è dannoso perché alimenta il disastro». Il cardinale Matteo Zuppi - don Matteo per tutti - da Bologna osserva l'Italia e si augura che la situazione generale non vada peggiorando. «Siamo in zona arancione qui, speriamo di non scivolare nella rossa».
Tra poco la Chiesa farà ingresso nell'Avvento ma sul Natale pende minacciosa la spada di Damocle della chiusura totale. Le messe si faranno a porte chiuse, in streaming, come a Pasqua?
«Bisogna vedere come si evolve la situazione, ora è difficile dirlo. Speriamo di no. Sarebbe un grande dispiacere. A Pasqua è andata così, con le messe a porte chiuse, senza popolo; ora speriamo davvero che non sia necessario. Mi sento però di dire che pur nelle avversità sapremo fare del nostro meglio per avere un legame ancora più forte con le comunità, anche se è chiaro che per tutti sarebbe una ferita».
Natale all'epoca del Covid che cosa può insegnare alle persone?
«Tanto per cominciare ci riporta all'essenziale, al mistero della vita, a guardare con occhi di bambino ciò che ci circonda. Il Piccolo Principe diceva che si colgono le cose invisibili solo se si guardano con il cuore. Ed è una frase che fa riflettere perché i grandi si dimenticano di essere stati bambini. Ecco allora che questo Natale forse ci potrà aiutare a contemplare ancora di più il mistero di un Dio che entra nella pandemia, che si fa uomo pur sapendo che l'uomo è fragilissimo, vulnerabile. Il mistero cristiano si fa più evidente».
Si celebra la nascita di Cristo, ma poi siamo ingabbiati dal senso di morte e dalla paura...
«In questi momenti Dio che è amore diventa ancora più nitido. Siamo a contatto con la pandemia strutturale che è la morte anche se sappiamo che Dio viene per vincerla. Se siamo ingabbiati dalle paure è perché abbiamo pensato a una vita che non esisteva. La vita è combattere contro la morte e vincerla come ci ha insegnato Cristo. Il benessere e il modello nel quale siamo immersi ci fanno credere in una caricatura della vita, che poi diventa elemento di frustrazione e incapacità a coglierne la sua bellezza. Abbiamo un disperato bisogno di speranza e può arrivare solo dalla consapevolezza che Dio si è fatto uomo. E' un antidoto anche a tanta rabbia e delusione che vedo in sottofondo».
Rabbia, fatica e disillusione: l'antidoto è il Natale?
«L'antidoto è Dio che entra nella nostra barca e ci insegna ad affrontare le tempeste assieme, a non pensare che ci possiamo salvare da soli. C'è una frase nella enciclica Fratelli Tutti che dice che il si-salvi-chi-può oggi così di moda porta dritto al tutti contro tutti. Il vero messaggio salvifico di Natale è guardare questo Bambino venuto per noi».
Il premier Conte ha detto che il Natale a prescindere dalla fede religiosa è senz'altro un momento di raccoglimento spirituale, ma che il raccoglimento spirituale, fatto con tante persone non viene bene. Sembra quasi mettere le mani avanti per le messe a porte chiuse....
«Non ho letto questa dichiarazione. Posso dire che celebrare il Natale con le persone non è in contraddizione con l'interiorità, con il raccoglimento. Su come saranno le messe a Natale bisognerà aspettare. Questa seconda ondata di pandemia ci chiede di essere uniti e perseveranti. Forse dovremmo fare come i pastori e incamminarci all'aperto. Troveremo il modo per arrivare a Betlemme».
A Pasqua la rete delle piattaforme web ha dimostrato di funzionare bene, le messe in streaming hanno avuto ascolti da record.
«Quella circostanza eccezionale ci ha aiutato a scoprire una modalità di comunicazione nuova per noi. Eravamo un po' primitivi anche perché l'incarnazione del mistero di Dio significa che non diventeremo mai virtuali, e la Chiesa non diventerà mai un gruppo WhatsApp e che l'incarnazione porta sempre alla fisicità, al contatto, evitando il rischio che il vero diventi verosimile e la realtà virtuale superi la tangibilità. In ogni caso le celebrazioni in streaming hanno permesso celebrazioni condivise e hanno consolato tante solitudini. E poi ci hanno aiutato con il linguaggio».
Quando pensa al Natale cosa la rende felice?
«Penso al brano di Luca che tratteggia il cielo che canta: pace in terra agli uomini che egli ama.

Gli uomini amati dal Signore. Ecco: l'intimità del Natale e la sua grandezza per tutti, anche per chi non crede, è questa».

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Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 19:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA