Vaticano, nasce gruppo di lavoro per la scomunica alle mafie, anche Pignatone e Bindi tra i membri

Lunedì 10 Maggio 2021
Vaticano, nasce gruppo di lavoro per la scomunica alle mafie, anche Pignatone e Bindi tra i membri

CITTÀ DEL VATICANO Nel giorno in cui la Chiesa ha beatificato in Sicilia il giudice Rosario Livatino, il primo magistrato riconosciuto martire, ucciso in odium fidei dalla mafia, il Vaticano ha annunciato in parallelo l'avvio di una commissione di studio sulla scomunica alle mafie. Si tratta di un progetto articolato e importante destinato ad affrontare diversi campi di azione: teologia, diritto canonico (che potrebbe cambiare), pastorale, catechesi.

Tutto ha avuto inizio nel 2017, quando in Vaticano si aprì un inedito confronto sul tema della corruzione, arrivando ad ipotizzare - in un documento interno - la scomunica per mafiosi e corrotti sulla scia della rotta tracciata da Giovanni Paolo II con quel drammatico grido nella Valle dei Templi: «mafiosi convertitevi», fino alle parole di Francesco: «Le mafie negano il Vangelo, nonostante la religiosità sbandierata».

La linea ormai è tracciata, si tratta di applicarla in modo uniforme e non c'è più tempo per traccheggiare. Non c'è posto per quei parroci o religiosi (o anche vescovi) che indossano i panni di Pilato davanti ai boss , dimostrando di essere se non conniventi a volte compiacenti, persino sensibili a certi rituali che si ripetono puntualmente a ogni festività del santo patrono con gli inchini della statua del santo davanti alla casa dei capi cosca o permettendo le esequie a boss conclamati.


«E' da marzo che in Vaticano lavoriamo a questo. Abbiamo raccolto materiale e ora verranno studiate misure concrete. Il fatto è che si parla poco della capacità penetrativa delle mafie nonostante con il Covid il fenomeno, purtroppo, sia cresciuto» spiega al Messaggero il coordinatore del gruppo di lavoro, Vittorio Alberti.
Assieme a lui ne fanno parte anche l'arcivescovo di Monreale, Pennisi, il presidente del Tribunale del Vaticano, Pignatone, don Luigi Ciotti, Rosy Bindi, gia' presidentessa della Commissione parlamentare antimafia, don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani e due giuristi, don Marcello Cozzi e monsignor Ioan Alexandru Pop del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.
In pratica l'obiettivo di questo think tank non è solo di proporre modifiche canoniche ma di estendere un nuovo modo di agire tra gli stessi vescovi italiani e tra le conferenze episcopali del mondo visto che la mafia è tentacolare, agisce senza conoscere frontiere, spaziando dalla Sicilia al Centro America con i traffici della droga. «Il fenomeno essendo esteso a livello planetario necessita di un approccio sistemico anche da parte della Chiesa».

I vescovi, di conseguenza, dovranno imparare a fare rete tra di loro, a scambiarsi informazioni, a fare in modo che i propri parroci siano tutti consapevoli e coerenti nell'agire e nel dare esempio. Esattamente come padre Giuseppe Puglisi, il parroco ucciso dalla mafia a Palermo per il suo impegno.


Nella cattedrale di Agrigento a qualche chilometro in linea d'aria da dove Papa Wojtyla scomunicò per la prima volta i mafiosi ieri mattina è stata celebrata la messa di beatificazione per Livatino. Un rito al tempo stesso simbolico e solenne. La figura di questo giovane magistrato assassinato dalla Stidda nel 1990 da ora in poi sarà commemorato ogni 29 ottobre nel martirologio.


Esposta in una teca d'oro, accanto all'altare, la reliquia: la camicia azzurra a quadri indossata durante l'agguato. L'arcivescovo di Agrigento, il cardinale Montenegro non risparmia critiche ad un certo modo di ragionare che persiste ancora sull'isola: «La Sicilia ancora soffre per la mentalità mafiosa, spero che faccia tesoro della lezione del nuovo beato».


Papa Francesco da Roma, ieri, al termine del Regina Coeli, ha reso omaggio a Livatino. «Il suo esempio sia per i magistrati stimolo ad essere leali difensori della legalità e della libertà».

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