Città del Vaticano – Continua a sollevare dubbi e ad aprire problemi di carattere giuridico il ddl Zan per l'effetto domino che potrebbe avere sul piano pratico.
«Ha ragione Fedez ad indignarsi se un politico (o chiunque altro) pronuncia frasi violente verso gli omosessuali e non solo. E avrebbe ancora più ragione se lo strumento repressivo del ddl Zan si limitasse a risolvere quel o quei singoli casi, senza aprire una caccia alle streghe, con l’apertura di chissà quanti procedimenti penali, anche nei confronti di chi – con pacatezza, mitezza e rispetto – sostiene tesi ed argomentazioni contrarie all’attuale pensiero dominante» scrivono.
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Fedez dal palco del primo maggio ha rivendicato il diritto di dire ciò che vuole senza censure preventive ma, individuano i giuristi, «senza rendersi conto che proprio il Ddl Zan, nell’attuale testo approvato da un ramo del Parlamento – attraverso la clava della sanzione penale – rappresenterebbe un significativo strumento di censura e autocensura».
Quello che Fedez non dice, infatti, è che con il ddl Zan, spiegano i giuristi cattolici, «anche frasi non violente potranno essere sanzionate con il carcere, in quanto ritenute potenzialmente istigatorie alla discriminazione. Per stare agli esempi da condannare fatti da Fedez nel monologo del primo maggio, infatti, sostenere pubblicamente che l’omosessualità non sia “riproduttiva” o non contribuisca alla natalità potrà essere perseguito quale nuovo reato, così come affermare che la genitorialità richiede una relazione d’amore tra due sessi diversi, che esiste l’identità sessuale e non il “genere” o che la famiglia prevista dai nostri padri costituenti è unicamente quella formata da un uomo e una donna».
Nella analisi i due giuristi pongono alcune domande. «Qual è il concetto di “libertà senza censure” che soggiace alla minaccia di portare nelle aule dei tribunali ciò che – soggettivamente – si ritiene essere espressione d’incultura e inciviltà e far decidere a un giudice se un’opinione sia effettivamente in grado di istigare alla discriminazione? Cosa intende per libertà d’espressione chi promuove un disegno di legge che ha come obiettivo proprio il suo annichilimento attraverso il massimo strumento di repressione, ovvero la pena del carcere?».
A loro parere far leva sulla minaccia della risposta penale «per quanto concerne le opinioni determinerebbe un utilizzo ‘simbolico’ delle norme, rivolto ad accreditare sul piano sociale determinate opzioni in materia di affettività o sessualità. Il che è incompatibile con i compiti del diritto penale laico e liberale, essendo chiamato, quest’ultimo, a tutelare beni di rilievo costituzionale, ma non a promuovere (secondo un intento di ‘moralizzazione’ proprio dei regimi totalitari) modifiche del costume sociale».
Il tema è di civiltà giuridica. «L’intento di garantire il rispetto di tutte le persone, indipendentemente dalla loro sessualità, risulta del tutto condivisibile e va perseguito con impegno unanime; l’interrogativo che ci si pone, tuttavia, è se le modifiche normative proposte risultino ragionevoli rispetto all’intento condiviso, o finiscano per produrre, invece, effetti problematici e distorsivi – sul piano culturale e giuridico – in merito alla certezza del diritto e all’esigenza di non incrinare il principio cardine per qualsiasi ordinamento democratico-liberale costituito, ai sensi dell’art 21 Cost., dalla libera espressione di opinioni su qualsiasi tema».
«Appare dunque auspicabile riprendere l’intera problematica con razionalità e pacatezza, onde giungere a soluzioni in grado di poter essere largamente condivise, ove riferite all’obiettivo di consolidare nella nostra società la percezione del rispetto incondizionato dovuto verso qualsiasi persona, a prescindere dalla sua sessualità, dalle sue scelte di vita, dai suoi convincimenti culturali: soluzioni le quali, in tal senso, assumerebbero una ben maggiore autorevolezza dinnanzi all’intero Paese».