Vaticano, maxi inventario degli immobili in disuso per evitare speculazione su chiese e monasteri vuoti in Europa

Giovedì 17 Febbraio 2022 di Franca Giansoldati
Vaticano, maxi inventario degli immobili in disuso per evitare speculazione su chiese e monasteri vuoti in Europa

Città del Vaticano – Monasteri ormai disabitati, chiese chiuse, oratori in disuso, edifici di culto un tempo pieni di attività divenuti nel frattempo un peso (anche economico) da curare e mantenere.

Da qualche anno in qua in Vaticano si è imposto il grande tema strategico di cosa fare e come procedere per inventariare l'immenso patrimonio ecclesiastico di proprietà di migliaia di ordini religiosi, diocesi, associazioni cattoliche sparse in Europa, il continente in cui più di tutti si misura il calo delle vocazioni e, di conseguenza, la chiusura di tante strutture. Un grattacapo non da poco per tutte le conferenze episcopali europee. L'obiettivo è di riutilizzare questi beni ed evitare le speculazioni immobiliari.

Da circa un decennio in alcuni paesi del Nord Europa, come la Lituania, la Germania, l'Olanda, la Svezia tante chiese in disuso sono state sconsacrate e nel frattempo vendute, senza avere attenzione sulla futura destinazione d'uso, diventando palestre, supermercati, negozi, alberghi e persino abitazioni private. Alla Gregoriana, quattro anni fa, si era aperto un convegno intitolato Dove abita Dio, proprio per fare il punto su questo fenomeno.

Oggi il Vaticano ha organizzato un secondo raduno di esperti per incoraggiare progetti in grado di riutilizzare monasteri e chiese abbandonate senza stravolgere la loro natura iniziale, in coerenza con un indirizzo comune. Inoltre è sorto anche il bisogno di procedere alla inventariazione dei tesori e degli archivi contenuti in tanti monasteri visto che potrebbero andare dispersi man mano che se ne va la presenza di monaci e suore. Un bel problema considerando che in Europa a fronte di un patrimonio culturale vastissimo, composto di beni immobili e mobili, archivi e biblioteche i consacrati negli ultimi 30 anni sono diminuiti del 57% per la componente femminile e del 44% in quella maschile. 

«Di fronte ad un simile calo, è evidente che, rispetto ai beni culturali, occorre attivare con urgenza maggiori strumenti di osservazione e tutela. Nelle medesime condizioni però, i beni culturali possono essere considerati anche una risorsa, un bene testimoniale in cui rintracciare un carisma per annunciarlo nuovamente, per ripensarlo e attualizzarlo» ha spiegato il cardinale Gianfranco Ravasi, ministro della Cultura. 

«Il riuso del patrimonio immobiliare dismesso diviene forse l'esigenza più urgente e manifesta, perché i comparti dei religiosi sono tradizionalmente ampi e il loro abbandono comporta situazioni di degrado, vere e proprie voragini nel tessuto urbano» ha aggiunto Ravasi, aggiugendo che e' «attraverso l'uso dei beni immobili che si potrebbe annunciare la possibilità di una economia della solidarietà e dell'accoglienza, in sinergia con gli altri operatori istituzionali e del terzo settore che si stanno occupando si questi temi. Oggi - ha osservato il porporato - a differenza delle soppressioni ottocentesche, l'attuale dispersione del patrimonio ecclesiastico non vede né una riprogrammazione funzionale a fini di pubblica utilità né un catalogo sistematico dei beni: i beni sono dispersi in una geografia di emorragie ignote, per poi riemergere nella fiera del web che rende nuovamente disponibile l'indisponibile.  Si deve tuttavia ricordare che nell'uso dei suoi immobili la Chiesa ha una delle proprie più dirette manifestazioni nei contesti locali, ed un uso distorto, speculativo o privatistico costituisce sempre un comprensibile motivo di scandalo delle comunità civili, con affioramenti ricorrenti nei quotidiani».

Per il Vaticano serve individuare buone pratiche di riuso rispettose della primitiva destinazione degli immobili, per privilegiare nuova finalizzazione sociale, caritativa e culturale, al di fuori della logica di mercato speculativa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA