Becciu, nelle carte 120 pagamenti in negozi e hotel di lusso fatti dalla "Dama del cardinale". E spuntano le chat

Mercoledì 21 Ottobre 2020
Becciu, nelle carte 120 pagamenti in negozi e hotel di lusso fatti dalla "Dama del cardinale". E spuntano le chat

Centoventi pagamenti in negozi extra chic, ma anche in ristoranti e alberghi di lusso: Prada, Tod'S, Hogan, Missoni, La Rinascente, Montblanc, Louis Vuitton, Maxmara, Poltronesofa, Auchan, l'Hotel Bagni nuovi di Bormio, l'Hotel Cervo in Costa Smeralda.

Nelle tredici pagine inviate al ministero della Giustizia, nelle quali la Procura vaticana ricostruisce nei dettagli l'inchiesta che ha fatto finire in carcere Cecilia Marogna, gli inquirenti sottolineano che potrebbe essere solo l'inizio dello scandalo, visto che «ulteriori approfondimenti sono in corso». 

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Becciu, bonifici per un milione alla dama del cardinale

Agli atti spuntano anche i dettagli sui bonifici arrivati alla società slovena della Marogna, soprannominata la "Dama del cardinale" per il rapporto fiduciario che la lega  lega all'ex numero due della Segreteria di Stato, Angelo Becciu, che su richiesta di Papa Bergoglio ha rinunciato ai diritti connessi al porporato. La trentanovenne cagliaritana, arrestata a Milano il 13 ottobre scorso su mandato di cattura internazionale richiesto dall'Ufficio del Promotore di giustizia della Santa Sede, è accusata di peculato e appropriazione indebita aggravata. Gli inquirenti vaticani contestano alla manager sarda, nella qualità di amministratrice della Logsic Doo, società con sede in Slovenia «costituita al fine di svolgere assistenza sociale non residenziale e finanziata dalla Segreteria di Stato», di essersi appropriata di 575mila euro «che le erano stati affidati in ragione delle sue funzioni utilizzandoli per acquisti voluttuari incompatibili con le finalità impresse dalla Segreteria di Stato all'atto dell'affidamento stesso» e di aver agito «con più atti esecutivi della medesima risoluzione» e «in concorso con persone allo stato ignote».

L'inchiesta, si spiega nelle carte, ha avuto origine da una segnalazione della Polizia slovena, insospettita da una serie di movimentazioni anomale registrate su due conti intestati alla Logsic Doo. Gli uomini della Gendarmeria Vaticana, attraverso accertamenti bancari, hanno poi rilevato che i due conti correnti «risultavano alimentati da nove bonifici emessi dalla Segreteria di Stato tra il 20 dicembre 2018 e l'11 luglio 2019 per un ammontare complessivo di 575mila euro» e che molte delle movimentazioni eseguite «riguardavano spese non compatibili con l'oggetto sociale della società». Dalla visura camerale, infatti, era emerso che la Logsic Doo avrebbe dovuto svolgere attività di assistenza sociale non residenziale mentre dall'analisi degli estratti conto della società era emerso che le spese sostenute dalla Marogna «non avevano alcuna attinenza con le dette finalità assistenziali e umanitarie». 

 

Nella richiesta di convalida spuntano anche alcune chat tra il cardinale Becciu e monsignor Alberto Perlasca, all'epoca Capo dell'Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato vaticana. In particolare, il 20 dicembre del 2018 Becciu (che già non era più Sostituto della Segreteria di Stato) scrive a Perlasca di inviare i soldi alla Marogna, incaricata di mediare per il Vaticano per la liberazione di una suora colombiana rapita, e di farlo suddividendo la somma in diverse tranche. «Ti ricordi questione suora colombiana? Pare che qualcosa si muova e il mediatore deve aver subito a disposizione i soldi - scrive Becciu - Li inviamo però a diverse tranche sul conto che più sotto ti indicherò. Primo bonifico: 75.000 euro intestato a "Logsic doo". Causale: "Voluntary contribution for a humanitarian mission"». In un successivo messaggio, Becciu ribadisce a monsignor Perlasca la finalità che il fondo avrebbe dovuto assolvere, cioè la liberazione della suora colombiana, alludendo «anche al fatto - sottolineano gli inquirenti - che lo stesso trasferimento fosse stato preceduto dall'autorizzazione della superiore Autorità Sovrana», ossia il Papa: «Ti ricordo che ne ho riparlato con il SP e vuole mantenere le disposizioni già date e in gran segreto». Messaggio al quale, peraltro, Monsignor Perlasca risponde: «ok per suora», lasciando intendere di essere a conoscenza della vicenda. Agli atti anche lo scambio di messaggi tra Perlasca e Fabrizio Tirabassi, stretto collaboratore del prelato e funzionario dell'Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, a cui Perlasca indica i bonifici da fare: «Monsignor Perlasca inoltrava il numero dell'Iban del destinatario - corrispondente al conto corrente intestato alla Logsic Doo - a Fabrizio Tirabassi», rilevano gli inquirenti nelle carte. Peraltro, lo stesso scambio di messaggi tra Becciu e Perlasca e Perlasca e Tirabassi avviene, rilevano gli inquirenti, «anche in occasione della disposizione degli altri bonifici che hanno costituito il deposito della società Logsic doo», avvenuti tra gennaio e luglio 2019. Questo porta gli inquirenti a concludere, «con una certezza che esclude ogni possibile ragionevole dubbio, che la Segreteria di Stato aveva versato alla Logsic doo, affidandole alla signora Cecilia Marogna, somme per finalità istituzionali».

Marogna è accusata non solo di appropriazione indebita aggravata, ma anche di peculato: gli inquirenti sottolineano infatti che la manager sarda «agì da pubblico ufficiale». In particolare, nella richiesta di convalida dell'arresto a fini estradizionali i magistrati della Santa Sede spiegano che «nell'ordinamento vaticano non esiste la differenza - presente invece nell'ordinamento italiano - tra incaricato di pubblico servizio e pubblico ufficiale» e che «qualsiasi persona titolare di un mandato amministrativo (oltre che legislativo o giudiziario) nello Stato, sia esso nominativo o elettivo, a titolo permanente o temporaneo, remunerato o gratuito, ed a prescindere dalla sua collocazione nell'ambito della organizzazione gerarchica, assume la qualifica di pubblico ufficiale». In questo senso ritengono che la manager sarda «per l'incarico ricevuto e la natura delle attività che le erano state affidate attraverso la gestione della Logsic Doo - come visto finanziata esclusivamente con fondi erogati dalla Segreteria di Stato -, abbia rivestito la qualifica di pubblico ufficiale». Circostanza suffragata anche dalla corrispondenza intercorsa tra Becciu e monsignor Alberto Perlasca, all'epoca Capo dell'Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato vaticana, dalla quale emerge come la Marogna «avrebbe dovuto collaborare ad una operazione delicatissima e di grande importanza, vale a dire contribuire alla liberazione di una suora colombiana, missionaria in Mali e rapita dalla città di Karangasso provincia di Bamako nel febbraio 2017, che certamente può essere considerata di natura pubblica e rientrante nella nozione di mandato amministrativo temporaneo».

A pesare è una dichiarazione del 17 novembre 2017, su carta intestata della Segreteria di Stato, sottoscritta da Becciu in qualità di Sostituto della Segreteria di Stato: il cardinale attestava che «la signora Marogna presta servizio professionale come analista geopolitico e consulente relazioni esterne per la Segreteria di Stato — Sezione Affari Generali». Una «chiara investitura», secondo gli inquirenti, «implicante l'esercizio di poteri di natura pubblicistica - quale la gestione e conservazione di fondi pubblici destinati ad una finalità non certamente lucrativa - che la signora Cecilia Marogna, invece, ha svilito sfruttandolo e piegando a proprio unico favore il mandato ricevuto». Infine i magistrati ricordano la Lettera Apostolica 11 luglio 2013 «in forma di Motu Proprio del Sommo Pontefice (fonte normativa vincolante) a norma del quale ogni persona titolare di un mandato amministrativo nella Santa Sede, a titolo permanente o temporaneo, remunerato o gratuito, qualunque sia il suo livello gerarchico, è pubblico ufficiale».

Ultimo aggiornamento: 17:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA