PERUGIA - «Ho solo a cuore la salute di mia figlia». Così nel 2015 un genitore allarmato ha chiamato i carabinieri del Nas per raccontare come le pillole dimagranti utilizzate dalla figlia per perdere peso contenessero anfetamine, sostanze antidepressive come il bupropione e che, soprattutto, la giovane non ne fosse assolutamente a conoscenza.
Da qui è partita l'inchiesta del Nucleo antisofisticazione, coordinata dal sostituto procuratore Manuela Comodi che ha portato a indagare undici professionisti, tra medici e farmacisti.
E ieri, dopo una lunghissima udienza preliminare, il gup Natalia Giubilei ha aperto le porte del processo per i dottori, mentre ha prosciolto chi quelle pillole le confezionava seguendo le ricette. Una storia che aveva fatto molto clamore, anche per il rischio corso dai pazienti per l'assunzione di tali sostanze, e per cui sono state necessarie ben nove udienze per arrivare alla prima vera svolta.
Il pm Comodi spiega nel capo di imputazione come i medici Camillo De Lellis, Daniele Forlini, Giuseppe Marcelli, Daniela Masci, Karim Rahimi, Domenico Riccardi e Vittorio Ricci siano accusati di somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica, falso ideologico e violenza privata perché «in qualità di medici di medicina generale e specialisti, redigevano ai pazienti prescrizioni galeniche: comprendenti sostanze farmacologicamente attive, riconosciute nella farmacopea ufficiale ed autorizzate al commercio per la cura della depressione, combinate con altre sostanze fitoterapiche, potenzialmente tossiche, destinate alla cura dimagrante senza che il destinario avesse sottoscritto il consenso informato e fosse consapevole che l'uso delle sostanze antidepressive fossero vietate» per la cura dimagrante. In più, quelle ricette riportavano «la falsa indicazione terapeutica della cura dello stato depressivo in luogo della reale finalità della cura dimagrante; nella maggior parte dei casi – ricostruisce il sostituto procuratore – i pazienti hanno ricevuto una doppia prescrizione, di cui una con l'indicazione delle sostanze fitoterapiche e l'altra con quelle antidepressive, al fine di aggirare i decreti ministeriali che ne vietano l'uso».
Una doppia ricetta, quindi, per cui sono finiti sotto inchiesta anche quattro farmacisti di Perugia e Bastia per aver preparato e commercializzato quei farmaci. «Nessuna violazione è stata compiuta dai farmacisti – ha spiegato durante l'udienza preliminare Marco Brusco, legale di uno dei professionisti insieme all'avvocato Nicola Marcinnò - che non risultano, neppure in ipotesi, aver mai somministrato medicinali in specie, qualità o quantità non corrispondenti alle ordinazioni mediche».
Il 22 settembre del 2022 inizierà invece il processo a carico dei sette medici, che negli anni si sono sempre difesi (assistiti tra gli altri da Alfredo Perugi, Gennaro Esibizione, Cesare Carini e Mauro Bigi) con determinazione dalle accuse e che adesso ribadiranno la propria correttezza davanti al giudice Matteo Cavedoni. E anche, molto probabilmente a tantissime parti civili, pronte a chiedere la loro condanna. Nel procedimento, infatti, sono state individuate più di trenta parti offese: pazienti che magari hanno perso peso ma che adesso quella leggerezza nelle prescrizioni la vogliono far pesare tutta.
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