PERUGIA - «Tanto non sarò contento finché non ti avrò ammazzata».
Una persecuzione fatta di minacce di morte, appostamenti, aggressioni verbali e fisiche iniziate dopo la separazione dalla donna. I due, infatti, sono legalmente separati da circa un anno, ma già dal 2019 la moglie aveva lasciato l'abitazione comune in cui era diventato un incubo continuare a vivere. Ma da lì è iniziata la paura vera, quella che blocca il respiro e ti fa perdere i battiti a ogni ombra. L'ex moglie ha denunciato, si è fatta coraggio ed è andata più volte a chiedere aiuto alla polizia di Città di Castello. Tanto che l'uomo è passato da un divieto di avvicinamento a un obbligo di dimora fino agli arresti domiciliari. Ma quando è cessata l'efficacia di queste misure, il 56enne ha ricominciato, portando la donna e il nuovo compagno (seguito, minacciato con un paletto e bloccato in un parcheggio di un supermercato) a sporgere nuove denunce. Per quello stalking spaventoso nei loro confronti, che li ha costretti a cambiare abitudini di vita per non essere seguiti. Al grave disagio psichico vissuto e al quel perdurante stato di ansia e paura per la propria incolumità che nessuno dovrebbe mai provare. Perché ti scava l'anima e rende il quotidiano un inferno.
Tutti aspetti che il giudice Amodeo, considerando attendibili le testimonianze dei due (suffragate, come nel caso del parcheggio, anche da immagini video, oltre ai post violenti su Facebook), sottolineando il «vaglio di tipo quantitativo degli episodi» e certificando le accuse mosse nei confronti dell'uomo dalla procura, ha stabilito come il 56enne non possa avvicinarsi ai due entro i cinquecento metri, dalle loro abitazioni come dai luoghi di lavoro, vietando anche qualsiasi comunicazione. Una misura necessaria ribadendo come le circostanze «denotano – riassume il giudice – sistematicità e abitualità della condotta, circostanze che non rassicurano in merito al fatto che l'indagato in futuro si astenga dalla commissione di ulteriori comportamenti lesivi e criminosi».