Insulti omofobi e botte in classe: professore condannato

Venerdì 8 Ottobre 2021 di Egle Priolo
Il tribunale di Perugia

PERUGIA - «L'omosessualità è una brutta malattia. Ne sai qualcosa tu». Una frase costata una condanna al professore che l'ha sibilata in classe all'alunno che l'ha subito denunciato. Era il 2014 e ieri è arrivata la sentenza di primo grado nei confronti di un docente di un istituto superiore originario di Spoleto, condannato a nove mesi di reclusione. Pena ovviamente sospesa oltre che ridotta per l'incensuratezza del professore, accusato di abuso di ufficio, ingiuria e lesioni personali aggravate, per aver anche percosso il ragazzo dopo la sua reazione.
La storia inizia in una classe di un istituto professionale di Assisi. È l'11 novembre di sette anni fa, quando – secondo la ricostruzione della procura riportata nel capo di imputazione – il professore all'epoca quarantatreenne «alla presenza dei compagni di classe, durante una lezione», per «biasimare il contegno sconveniente dell'alunno, alludeva alla sua presunta omosessualità con espressioni del tipo “l'omosessualità è una brutta malattia... ne sai qualcosa tu”, con ciò ledendone l'onore e il decoro e per l'effetto provocando la reazione del ragazzo». Lo studente, allora quattordicenne, rispose facendo «analoga allusione nei confronti del professore (con espressioni del tipo “Ci credo, da quando ho visto lei”)». Immediata anche la reazione del docente che, sempre secondo il pubblico ministero titolare del fascicolo, «improvvisamente si avvicinava al giovane e lo percoteva, dapprima colpendolo con due calci alla gamba destra, poi con due pugni alla spalla e infine afferrandolo per il collo fino a fargli mancare il respiro, con ciò procurandogli lesioni – ecchimosi alla gamba destra – giudicate guaribili in cinque giorni». La procura sottolineò anche le aggravanti dei «futili motivi» alla base del gesto, ma soprattutto dell'aver «commesso i fatti di ingiurie, di percosse e di lesioni personali con l'abuso dei poteri e in violazione dei doveri inerenti la pubblica funzione esercitata, nonché profittando di circostanze di persona tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, in particolare dell'evidente inferiorità psichica della vittima, in ragione sia della minore età, sia del ruolo di insegnante». Contestazioni pesanti per cui l'uomo – assistito dall'avvocato Rita Bocchini - è stato condannato, pur se con l'assoluzione (perché il fatto non sussiste) dall'accusa di abuso di ufficio.
Una storia che all'epoca, oltre che alla ribalta nazionale, finì addirittura sul tavolo del ministro dell'Istruzione, che mandò ad Assisi gli ispettori scolastici. Sentite solo le due versioni dei due protagonisti, il professore venne allontanato dal dirigente scolastico e mandato in altra scuola, in attesa della conclusione del processo. E adesso, con la prima condanna, ci potrebbe essere un'ulteriore batosta per il docente sul fronte disciplinare. Di certo, mentre si avvicina la prescrizione ed è più che probabile che la difesa proponga appello alla lettura (tra 90 giorni) delle motivazioni della sentenza, il professore è stato anche condannato al pagamento di 1.500 euro, più tutte le spese processuali.
Oggi quell'alunno ha ventuno anni, si è diplomato e ha superato l'accaduto, più sereno già da quando il professore – che comunque ha sempre spiegato di essere stato frainteso - era stato allontanato. «A noi – è il commento dell'avvocato Massimo Rolla, legale della famiglia del ragazzo – non interessava il risarcimento del danno, quanto la condanna per un caso grave, arrivato alle lesioni. Un atteggiamento certamente da stigmatizzare». E che la giustizia ha direttamente condannato.
 

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