‘Ndrangheta, sequestrata ditta edile a Perugia. Arrestato il titolare
False fatture e assunzioni fasulle per riciclare milioni di euro

Martedì 6 Settembre 2022 di Michele Milletti
‘Ndrangheta, sequestrata ditta edile a Perugia. Arrestato il titolare False fatture e assunzioni fasulle per riciclare milioni di euro

Edil Italy, società edilizia con sede legale a Perugia, con capitale sociale di 900 euro, costituita da poco più di un paio d’anni e di cui i soci formali sono due catanzaresi trentenni residenti a Perugia: uno, Rosario Scumaci, ieri è finito in carcere assieme ad altre 17 persone in tutta Italia nell’ambito della maxi inchiesta portata avanti dalla Direzione distrettuale antimafia di Brescia e dai comandi della guardia di finanza e dei carabinieri di Bergamo perché accusato, sostanzialmente, di riciclare attraverso società cosiddette cartiere (cioè costituite con l’unico reale scopo di produrre documentazioni per fare fatture false) i soldi sporchi della ‘ ndrangheta e in particolar modo della famiglia degli Arena di Isola di Capo Rizzuto.
Una società che, secondo quanto si apprende nelle oltre 500 pagine di ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice di Brescia ed eseguita nella giornata di ieri (complessivamente sono 66 gli indagati, tra cui anche l’altro calabrese che vive a Perugia, indagato a piede libero in quanto considerato vero e proprio prestanome della ditta, e altre 13 persone finite agli arresti domiciliari oltre ai 18 in carcere) di fatto avrebbe avuto vita breve dal momento che dopo essere stata messa in piedi nel corso del 2020 qualche mese dopo avrebbe di fatto cessato di esistere a seguito dell’arresto di uno degli ideatori del presunto giro di società per la produzione di fatture false che di fatto ne ha arenato l’attività illecita. Eppure erano già state diverse le fatture considerate false emesse per svariate decine di migliaia di euro.
L’altro versante su cui la ditta perugina con la facciata dell’impresa edile avrebbe dovuto operare, sempre stando a quanto si apprende, sarebbe dovuto essere quello dell’assunzione fittizia di personale sempre evidentemente al fine di riciclare proventi illeciti.
LA RICOSTRUZIONE
Un giro di false fatture per oltre 20 milioni di euro emesse da sette società cartiere gestite da prestanome nei confronti di imprenditori compiacenti per riciclare i proventi delle attività della ‘ ndrangheta. Un sistema di frodi fiscali a favore di aziende ‘amichè ben radicato nella Bergamasca e collegato con la famiglia calabrese degli Arena di Isola di Capo Rizzuto che è andato avanti per anni con la complicità di una funzionaria dell’agenzia delle Entrate e di due professionisti. Per questo, come detto, ieri la Guardia di Finanza di Bergamo ha eseguito 33 misure cautelari, di cui 18 in carcere e 15 ai domiciliari, nell’ambito di una indagine della Dda di Brescia, e ha effettuato perquisizioni in mezza Italia, dalla Lombardia al Piemonte, dall’Umbria alla Sardegna, fino alla Basilicata e ovviamente la Calabria e sequestrato beni per oltre 6,5 milioni di euro.
I REATI
Le accuse contestate a vario titolo - si legge in una nota degli investigatori - vanno dall’associazione per delinquere, con l’aggravante di aver agevolato le attività di una cosca ‘ndranghetistica del Crotonese, all’usura usura, proseguendo con la ricettazione, il riciclaggio, l’autoriciclaggio, il trasferimento fraudolento di valori, il favoreggiamento, insieme a reati tributari e fallimentari.
FIGURA DI SPICCO
Accuse pesanti, ovviamente tutte ancora dimostrare, con i 66 indagati che avranno modo di contestare nel corso degli interrogatori che verranno svolti nei prossimi giorni. Accuse che inquadrano Scumaci come «promotore e organizzatore» che riceve da colui che è considerato al vertice del giro truffaldino «le indicazioni delle fatture per operazioni inesistenti da emettere e si occupa della loro redazione; gestisce i rapporti bancari ed effettua le operazioni di prelievo e trasferimento delle somme accreditate. Risulta a disposizione del sodalizio per qualsiasi eisgenza».
I finanzieri di Bergamo, diretti dal colonnello Filipponi, nella giornata di ieri sono arrivati a Perugia non solo per consegnare l’ordinanza con l’applicazione delle misure cautelari ai due indagati ma anche per sequestrare documenti e carte nell’azienda e anche nelle abitazioni dei due indagati.
Inoltre le quote dell’azienda (il 95% detenuto da Scumaci mentre il restante cinque all’altro indagato) sono state sottoposte a sequestro preventivo insieme alle somme di denaro depositate sui conti correnti; al 38enne sono stati sequestrati, inoltre, poco più di duemila euro.

Ultimo aggiornamento: 07:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA