'Ndrangheta a Perugia, sette condanne
e risarcimento al Comune

Martedì 25 Maggio 2021 di Michele Milletti
Il procuratore anti mafia Gratteri

PERUGIA Sette condanne e tre assoluzioni. Cinquantacinque anni complessivi di carcere, l’associazione di tipo mafioso confermata per alcuni e un risarcimento al Comune di Perugia pari a quello per Cutro, la radice calabrese da cui i rami della criminalità sono nati per poi estendersi fino in Umbria: questo, in estrema sintesi, il risultato del primo round nel processo alla ‘ndrangheta a Perugia. O meglio, alle presunte ramificazioni dei clan di San Giovanni di Cutro in città attraverso la presenza di personaggi originari del crotonese e la loro vicinanza a boss e personaggi di spicco delle ‘ndrine. Un processo iniziato sei mesi dopo gli arresti del dicembre 2019 e che sarebbe potuto terminare molto prima se il Covid non ci avesse messo lo zampino.
Primo round per due motivi. Perché siamo al primo grado e perché i dieci alla sbarra a Catanzaro sono la parte dei perugini che hanno chiesto il rito abbreviato, che per legge comporta lo sconto di un terzo della pena, ma ce ne sono altri 13 che invece hanno optato per l’ordinario e per cui il processo è ancora in corso con la prossima udienza prevista per giovedì. 
LE CONDANNE 
Quarantadue condanne e diciotto assoluzioni, complessivamente, il bilancio per chi ha scelto il rito abbreviato nel processo contro le famiglie di ‘ndrangheta Mannolo-Zoffreo-Falcone-Trapasso. Nelle quindici pagine che compongono l’articolata sentenza, letta ieri pomeriggio dal giudice Gabriella Logozzo, trovano spazio i dieci perugini. Per loro i magistrati della Direzione distrettuale di Catanzaro, diretti da Nicola Gratteri e che hanno coordinato le indagini della sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Perugia guidata all’epoca da Adriano Felici, lo scorso 7 ottobre avevano chiesto complessivamente cento anni di carcere per nove e l’assoluzione per uno, Sauro Passeri. Il quale, assistito dall’avvocato Saschia Soli, ieri ha potuto festeggiare la fine di un incubo assieme a Giuseppe Affatato (difeso da Donatella Panzarola) e Florin Dumitru Gafitescu, romeno residente a Perugia e difeso dall’avvocato Cosimo Gabriele Caforio.
Per tutti gli altri sono arrivate condanne. Sherif Arapi e Ilirjan Cali, entrambi difesi sempre dall’avvocato Panzarola, si sono beccati rispettivamente 8 anni e un anno più tremila euro di multa. Ancora, Fabrizio Conti (difeso dagli avvocati Cosimo Caforio e Alessandro Ricci e per il quale erano stati chiesti 14 anni) condannato a 7 anni e otto mesi di reclusione mentre per Emiliano Regni (difeso dagli avvocati Francesco Falcinelli e Daniela Paccoi) il giudice ha stabilito cinque anni e 8 mesi rispetto ai 14 chiesti dai magistrati. Altri 7 anni e quattro mesi sono stati inflitti a Francesco Valentini (difeso anche lui dalla Panzarola) e per il quale ne erano stati chiesti il doppio. Ed eccoci alle condanne più pesanti: 15 anni e 4 mesi per Natale Ribecco, figlio di Antonio (considerato il vertice della ramificazione perugina, soprattutto per quanto riguarda il traffico di droga e morto di Covid in carcere) per il quale ne erano stati chiesti di 18, e 9 anni e 4 mesi per Francesco Ribecco, ufficialmente non residente a Perugia ma anche lui con un ruolo importante nell’import di stupefacenti. I legali sono ovviamente già al lavoro per preparare il ricorso in Appello.
IL RISARCIMENTO 
I due Ribecco assieme a Regni, Conti e Arapi (quelli cioè per cui è rimasto il reato associativo) sono stati condannati a risarcire per 30mila euro il Comune di Perugia per il danno di immagine. E il fatto che sia la stessa cifra liquidata anche per il Comune “epicentro” delle famiglie ‘ndranghetiste è ulteriore testimonianza degli affari criminali che stessero svolgendo. L’avvocato Massimo Brazzi, attraverso cui l’amministrazione Romizi si è costituita parte civile, ha espresso a nome del Comune «ampia soddisfazione dalla sentenza del Gup di Catanzaro che ha riconosciuto il danno all’immagine del Comune di Perugia. Le condotte ascritte agli imputati sono lesive di interessi di cui è portatore il Comune di Perugia, incidendo direttamente nella comunità territoriale impegnata nelle attività di contrasto alla illegalità».
 

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